I restauratori più bravi? A Santa Fe

Aggiornamento dicembre 2020: la professoressa Angela Lombardo, destinataria dell’esposto, è stata assolta con formula piena a ottobre 2019 (CLICCA QUI PER SCARICARE LA SENTENZA). Qui invece è possibile leggere la recente intervista alla professoressa.

L’esposto è già stato presentato. All’Università di Palermo e al Centro regionale per la Progettazione e il Restauro di Palermo (foto sotto, a sinistra, tratta da centrorestauro.sicilia.it), adesso, si attende l’esplosione di un mezzo parapiglia. Questa è la volta buona, così si dice in giro, che verrà finalmente scoperto il ‘verminaio’ – uno dei tanti, in verità – che sta dietro la gestione dei beni culturali della Sicilia. Storie di docenze discusse, in alcuni casi un po’ inventate, comunque protette dai vertici accademici e burocratici della nostra disastrata Isola.

Che sta per succedere? Partiamo dall’inizio, come nelle favole. Anche se, in questo caso, non c’è proprio da attendersi un lieto fine. Anzi. Il nostro racconto comincia con il già citato Centro per il Restauro. Ufficio della Regione siciliana, che ha sede in via Cristoforo Colombo, nei saloni di Palazzo Montalto. Il Centro è anche sede del corso di laurea in Conservazione e Restauro dei beni culturali. Corso di laurea realizzato in convenzione tra Università di Palermo e la Regione siciliana (che naturalmente mette i soldi: e ti pareva!).

Il corso di studi è stato modificato nel tempo. Oggi è quinquennale e a ciclo unico e rilascia l’abilitazione alla professione di restauratore valida su tutto il territorio nazionale. Il primo corso quinquennale nasce in un momento delicato. Anche alla luce di una gestione dei beni culturali siciliani che, negli ultimi tempi, ha dato luogo a molte perplessità, nelle more dell’attuazione dell’art. 182 del Codice dei beni culturali del 2004.

Il primo corso è iniziato nel maggio scorso. A livello nazionale per avere accesso a tale corso bisogna superare tre prove. A Palermo i circa cinquanta discenti sono stati ammessi senza sostenere la prova a quiz, in barba a quanto espressamente specificato dal direttore generale dell’università del MIUR al Magnifico Rettore, professore Roberto Lagalla, poco prima dell’emanazione del bando per l’A.A. 2011-2012.

All’interno di questo corso, oltre ai docenti universitari, ci sono due figure tecniche: restauratore e supporto tecnico di laboratorio. Per selezionare queste due figure viene emanato un bando. I requisiti richiesti – e qui salta subito agli occhi la prima stranezza – vengono autocertificati. Per carità: giustissima l’autocertificazione che, com’è noto, presuppone la piena responsabilità di chi certifica i propri titoli. A patto che, in seconda battuta, qualcuno verifichi la veridicità di quello che i candidati hanno dichiarato. Invece – e questa la già sottolineata stranezza – nessuno, fino ad oggi, ha verificato la veridicità di quanto i candidati hanno dichiarato.

Secondo gli autori di un esposto presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, la vincitrice del bando per il settore carta e tessile avrebbe dichiarato titoli dei quali non sarebbe in possesso.

Questa vincitrice – così si racconta – avrebbe dichiarato di possedere, oltre a diverse qualifiche professionali, un titolo rilasciato dall’Istituto centrale per la patologia del libro di Roma (ICPL). Possiede veramente tale titolo? Secondo gli autori dell’esposto, no; avrebbe infatti solo due attestati di frequenza dei corsi che tale Istituto offriva tra il 1975 e 1976 per un totale di sei mesi, peraltro non consecutivi.

Si dirà: questo è un dettaglio, una sottigliezza superabile; in effetti, la legge regionale del 1980 che definisce l’apparato istituzionale e il personale dell’assessorato regionale ai Beni culturali non è andata molto per il sottile: si poteva, infatti, accedere al posto di assistente tecnico restauratore con il diploma biennale dell’ICPL o con un attestato… Come dire, per fare il medico ti chiediamo la laurea in Medicina o solo uno degli esami previsti dal tuo piano di studio: un esame sostenuto (naturalmente a scelta dello studente)/ parte indistinta di essa. (a destra, foto tratta da centrorestauro.sicilia.i)

Un titolo, però, la signora ce l’ha veramente: una laurea honoris causa proprio in Conservazione e restauro acquisita dalla Leibniz University di Miami, Florida, Stati Uniti, istituzione che adesso ha sede a Santa Fe, in Arizona. Ora, che la Regione siciliana, sfasciata com’è, possa fare ‘pane’ con la Florida e l’Arizona, beh, non ci troviamo nulla di strano. Ci chiediamo, solo per curiosità, che tipo di rapporti intercorrono tra l’Università di Palermo e la Leibniz University, condannata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e disconosciuta dal MIUR. Insomma…

Ma, divagazioni a parte, la signora laureata in Florida – che si chiama Angela Lombardo (l’esposto presentato riguarda proprio lei) – è una dipendente in pensione del Centro regionale per il Restauro convenzionato con l’Università. Ed è in pensione dal dicembre del 2005. Ma, dal 2006, ha una stanza riservata nel suo ex ufficio e prende ufficialmente posto in varie commissioni di ammissione dei nuovi studenti al corso di laurea.

A quanto ci è sembrato di capire, a Miami, pardon!, a santa Fe debbono essere molto competenti in restauro dei beni culturali. Se così non fosse, infatti, una dirigente regionale nota per il suo spirito ‘teutonico’ come la dottoressa Adele Mormino, già Sovrintendente di Palermo, non terrebbe certo in gran conto questa restauratrice.

A quanto pare, però, non tutti pensano che i restauratori laureati in Florida honoris causa siano i migliori del mondo. Non la pensano così, ad esempio, tutti coloro i quali hanno scelto di percorrere strade di formazione vere e non scorciatoie.

Insomma: sono più bravi i laureati honoris causa di Miami, anzi di Santa Fe, o quelli laureati in Italia? Per ora, per la Regione siciliana e per l’Università di Palermo, la laurea honoris causa vale di più di quelle italiane. E se lo dicono Regione siciliana e Università di Palermo.

Redazione

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