Pizzini nascosti dentro le confezioni di succo di frutta o di barrette di cioccolato. Questo l’escamotage usato dal reggente del clan Laudani per il territorio acese Orazio Scuto, detto il vetraio, per impartire gli ordini ai sodali fuori dal carcere di Caltanissetta. Un sistema di comunicazione collaudato anche grazie all’aiuto di Valentina Scuto che avrebbe fatto da messaggera. È quanto emerso dalle indagini dei finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Catania che, con il supporto dello Scico, che hanno portato alle misure cautelari per 18 persone per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, turbativa d’asta, favoreggiamento personale, detenzione e porto di armi da fuoco.
L’operazione denominata Report ha riguardato in tutto 37 soggetti e ha portato anche al sequestro preventivo delle quote sociali e del patrimonio aziendale (per un valore complessivo di un milione di euro) della Friscus Srl, società attiva nel settore della logistica per trasporti, la cui proprietà è stata fittiziamente intestata a una prestanome del clan per eludere gli accertamenti patrimoniali. I pizzini di Scuto – già arrestato nell’ambito dell’inchiesta I Viceré, detenuto fino alla fine del 2019 e poi sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di Valverde – avrebbero riguardato direttive per i sodali non solo per iniziative da intraprendere nell’ambito delle attività criminali riconducibili al gruppo ma anche la gestione della Friscus.
Le indagini hanno consentito di ricostruire la rete di interessi illeciti del clan Laudani soprattutto per le estorsioni e gli interessi nel settore afferente alle procedure di esecuzione fallimentare. Tra i gruppi più operativi, ci sarebbe stato anche quello con a capo Scuto e gestito materialmente sul territorio da Litterio Messina, detto Rino. Dalle investigazioni sono stati accertati anche gravi episodi di estorsione nei confronti di imprenditori catanesi posti in essere da esponenti del clan Santapaola. In particolare, sono stati riscontrati otto episodi estorsivi: in alcuni casi, a danno di imprenditori e professionisti per finanziare l’associazione; in altri per favorire illecitamente imprenditori.
A fronte di crediti commerciali non pagati, invece di procedere legalmente, alcuni imprenditori avrebbero preferito fare ricorso all’intermediazione degli esponenti mafiosi per recuperare le somme, avvalendosi della forza di intimidazione per accelerare la procedura di incasso del credito. Nell’abito delle estorsioni, alcuni esponenti del clan Santapaola, Salvatore Mazzaglia e e Mirko Pompeo Casesa, hanno preteso da alcuni imprenditori attivi sul territorio di Catania e provincia, il pagamento di una somma periodica di denaro per garantire la sicurezza dei cantieri edili. Nessuno degli imprenditori ha denunciato, ma hanno poi collaborato solo dopo essere stati contattati dai finanzieri.
L’altro settore è quello delle interferenze nelle procedure giudiziarie di vendite all’asta di beni. In diverse occasioni, alcuni soggetti appartenenti o vicini al clan Laudani sarebbero intervenuti per fare in modo che gli imprenditori dichiarati falliti – nei cui confronti era stata attivata la procedura di esecuzione immobiliare – potessero illecitamente rientrare in possesso del bene posto all’asta, ricavandone utilità. Per inibire la partecipazione di potenziali offerenti alla procedura esecutiva e garantire al debitore di ottenere la restituzione dei beni, alcuni esponenti del clan avrebbero fatto ricorso anche a minacce e intimidazioni. Come nel caso di una procedura di asta immobiliare al tribunale di Catania, quando un imprenditore proprietario di un appartamento oggetto dell’esecuzione fallimentare, ha richiesto e ottenuto l’intervento di Rino Messina.
Dalle indagini è emersa anche una importante disponibilità di armi degli affiliati all’organizzazione mafiosa, che sono state utilizzate nel compimento di episodi violenti e nelle intimidazioni. Una figura di particolare rilievo è quella di Giacomo Cageggi, detto il pugile o Rocky. Il referente del clan Laudani per Lineri e Misterbianco più volte sarebbe stato protagonista di spedizioni punitive armate e intimidazioni nei confronti di clan rivali.
In carcere
1. Carmelo Bonaccorso (classe 1962);
2. Rosario Bonanno (classe 1962);
3. Girolamo Brancato (classe 1973);
4. Giacomo Caggegi (classe 1980);
5. Alberto Gianmarco Angelo Caruso (classe 1980);
6. Mirko Pompeo Casesa (classe 1983);
7. Salvatore Mazzaglia (classe 1957);
8. Litterio Messina (classe 1962);
9. Antonino Puglisi (classe 1965);
10. Orazio Salvatore Scuto (classe 1959).
Agli arresti domiciliari
11. Dante Giuseppe Tiezzi (classe 1962);
12. Rosaria Gabriella Sidoti (classe 1972);
13. Vincenzo Massimiliano Pappalardo (classe 1969);
14. Luca Anicito (classe 1974);
15. Alfio Giuffrida (classe 1966);
16. Rosario Mannino (classe 1964);
17. Gianfranco Antonino Pappalardo (classe 1972);
18. Valentina Concetta Caterina Scuto (classe 1987).
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