Nei giorni scorsi si è parlato molto del protagonismo di presidenti di Regione e sindaci, autori di ordinanze di vario tipo per la gestione dell’emergenza da Covid-19.
Il decreto legge 19/2020 ha fatto ordine tra le competenze di questi ultimi e quelle del presidente del Consiglio, data la confusione insorta dopo il decreto legge 6/2020: ciò nonostante, sono proliferate iniziative, a livello regionale e comunale, adottate in violazione dei limiti fissati dalla legge. In particolare, sebbene il decreto legge 19/2020 preveda che i presidenti di regione possano sancire misure più restrittive di quelle nazionali solo per «specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso», essi hanno continuato ad alzare l’asticella delle restrizioni a libertà e diritti pur in mancanza dei presupposti di legge.
Da ultimo, i presidenti della Campania e della Calabria sono arrivati a minacciare la chiusura dei confini delle rispettive regioni al fine di evitare il flusso di persone potenzialmente infette da nord verso sud, qualora il presidente del Consiglio allentasse il lockdown in tutto il Paese. La minaccia, fatta in totale spregio alla norma costituzionale (art. 120, c. 1) in base a cui la Regione non può ostacolare «la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni», rende palese il clima, non conforme a uno Stato di diritto, che la pandemia ha creato a livello locale.
Nelle scorse settimane, anche il presidente della Regione Siciliana ha adottato misure più stringenti di quelle prescritte a livello nazionale, nonostante non vi fossero le ragioni di aggravamento previste dal decreto-legge di cui si è detto, per poi attenuarle parzialmente qualche giorno fa, con una situazione sanitaria pressoché immutata. La strategia seguita, di certo poco coerente, rende palese un attivismo che poco sembra avere a che fare con l’evoluzione epidemiologica nell’Isola.
Al riguardo, qualche siciliano si è chiesto se il presidente Musumeci fosse legittimato a procedere in maniera svincolata dai paletti fissati dalla legge statale in forza della particolare autonomia di cui gode la Regione. Al riguardo, va innanzitutto premesso che l’autonomia speciale si concretizza in autonomia statutaria (potere dell’ente di disciplinare la propria organizzazione e le funzioni svolte tramite il proprio Statuto), autonomia legislativa e regolamentare (potere di disciplinare determinate materie con propri atti legislativi o regolamentari) e infine autonomia tributaria (potere di istituire tributi propri accanto ai tributi statali). Lo Statuto regionale è comunque in armonia con la Costituzione, i cui principi rappresentano pertanto una cornice imprescindibile per l’esercizio delle competenze attribuite alla Regione stessa.
Ebbene, circa la domanda da cui si sono prese le mosse, relativa al potere del presidente della Regione Siciliana di procedere autonomamente, si fa presente che in una situazione di emergenza epidemiologica è comunque lo Stato che comanda. La Costituzione lo dice chiaramente. Lo Stato ha legislazione esclusiva in tema di «profilassi internazionale» (art. 117, lett. q, Cost.), nonché di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni […] su tutto il territorio nazionale», tra cui rientra la «predisposizione di sistemi di risposta a emergenze di origine infettiva» (art. 117, lett. m, Cost.), per non dire delle materie inerenti a «ordine pubblico e sicurezza» (art. 117, lett. h, Cost.). Queste previsioni trovano espressa corrispondenza – nell’ambito di un quadro di coerenza costituzionale – nei poteri che il governo ha di sostituirsi alle Regioni, anche a quelle che godono di un regime speciale, nel caso «di mancato rispetto di norme […] ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali» (art. 120 Cost.).
Il potere sostitutivo del governo è teso ad assicurare la tutela di interessi unitari nel Paese. La previsione di tale potere fa, dunque, sistema con le norme costituzionali di allocazione delle competenze, assicurando in ipotesi patologiche un intervento di organi centrali. E la tenuta di tale sistema non può essere intaccata dalla «clausola di compatibilità», presente nel d.l. n. 19/2020 (art. 5, c. 2), tra le disposizioni di quest’ultimo decreto e gli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata.
In conclusione, l’operatività del presidente della Regione Siciliana trova limiti precisi. In tempo di pandemia, l’unità e la coerenza delle norme e delle azioni decise a livello centrale vanno preservate. Peccato che il governo, nonostante l’emergenza nazionale, stia mostrando eccessiva timidezza nel salvaguardare l’accentramento delle funzioni e limitare le iniziative degli amministratori locali: forse anche per tale motivo questi ultimi proseguono a emanare ordinanze dalla legittimità dubbia.
Vitalba Azzolini
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