I due pescherecci sequestrati in acque internazionali L’armatore: «E’ stata quasi un’operazione di pirateria»

Sarebbero stati in acque internazionali i due pescherecci – l’Alba chiara di Siracusa e il Jonathan di Riposto – al momento del sequestro da parte delle autorità egiziane. I dettagli di quanto successo ieri sera a circa 40 miglia dalle coste nordafricane emergono dalle testimonianze di chi si è messo in contatto con l’equipaggio dei due natanti. «Non sono riuscito a parlare con il mio capitano – racconta Nino Moscuzza, armatore dell’Alba Chiara – ma parlando con i familiari del capitano di Johnatan ho saputo che si è trattato di un’operazione quasi di pirateria. Le autorità egiziane, armi in pugno, hanno avvicinato i pescherecci a bordo di gommoni. Le ultime notizie che abbiamo risalgono a ieri. Quella è una zona in cui si è sempre pescato, un comportamento del genere era inaspettato. A bordo dei due pescherecci complessivamente ci sono 12 persone».

Fonti dell’ambasciata italiana al Cairo assicurano che l’equipaggio è in buone condizioni. Il capitano del Jonathan si chiama Pasquale Condorelli ed è originario di Riposto. Ieri ha avuto il tempo di avvisare la moglie di quello che stava succedendo, prima di essere scortati al porto di Alessandria d’Egitto, dove sono arrivati in tarda serata. Condorelli è riuscito a parlare anche con Fabio Micalizzi, presidente regionale dell’Associazione pescatori marittimi professionali. «Mi ha detto che stavano bene, ma che erano scossi. I militari egiziani sono saliti a bordo minacciandoli e distruggendo un po’ di roba. Sono tutte persone che con la pesca ci vivono, un atto del genere è inspiegabile. Se erano nelle acque egiziane? A noi non risulta, ogni peschereccio ha una sorta di scatola nera, chiamata blue box, che rileva costantemente la posizione e dai dati in nostro possesso non risulta alcuno sconfinamento». Micalizzi annuncia anche di voler presentare un esposto alle procure di Catania e Siracusa

La sua ricostruzione dei fatti è confermata anche dal sindaco di Riposto Enzo Caragliano, in contatto con la moglie del capitano Condorelli. «Stamattina – spiega il primo cittadino – ho parlato con i funzionari responsabili della nostra ambasciata al Cairo. Le due imbarcazioni, con i relativi equipaggi, sono in mano ai militari. Questa potrebbe essere una buona notizia, nell’ottica di una risoluzione della vicenda in tempi rapidi, attraverso la più semplice e rapida diplomazia e senza il bisogno di un processo. I comandanti delle imbarcazioni, inoltre, sostengono fermamente che al momento del sequestro le loro barche pescavano posizionate oltre le 40 miglia nautiche richieste dalla legge, si tratterebbe quindi di un abuso da parte delle forze egiziane, che invece, dal canto loro, sostengo l’esatto contrario».

Il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina, in visita ufficiale nella capitale egiziana, ha garantito «una soluzione rapidissima» del caso. «Abbiamo lavorato con le autorità competenti egiziane e con l’ambasciata. Confido in una soluzione rapidissima».

La vicenda agita anche la politica siciliana. Forza Italia presenterà una mozione all’Assemblea regionale «per impegnare il governo regionale ad agire con la necessaria determinazione. I pescatori devono fare prima possibile ritorno a casa sui loro mezzi». E’ quanto hanno affermato Marco Falcone, capogruppo azzurro all’Ars e il vice presidente di Forza Italia regione Sicilia Edy Bandiera

Interviene anche la Federazione armatori, col suo presidente regionale Carmelo Micalizzi. «La Libia dichiara che le loro acque territoriali si estendono fino a 250 miglia, mentre per l’Egitto fino a 150 miglia, quasi a toccare la costa della Grecia, e così via. Mentre per gli altri i Paesi che rispettano il diritto internazionale le acque territoriali sono entro le 20 miglia dalla costa. E’ diventato molto rischioso – continua – per i pescatori siciliani andare a pescare in acque internazionali del Mediterraneo per poter portare un pezzo di pane a casa, senza tutela da questa assurda situazione, venutasi a creare da alcuni anni. Chiediamo al nostro governo di volere autorevolmente intervenire al fine di dare ai pescatori siciliani, unici a praticare la pesca del pesce spada in acque internazionali, la giusta serenità e sicurezza». 

Simone Olivelli

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