Attaccati un po’ da tutti, i dirigenti della Regione passano al contrattacco. E lo fanno con un documento nel quale si ripercorre la storia della dirigenza, dagli albori dell’Autonomia siciliana fino ai nostri giorni.
Il documento porta la firma del Dirsi, l’Associazione dei dirigenti regionali.
«In questi giorni – si legge nel documento – abbiamo assistito all’ennesimo attacco contro la dirigenza regionale partito dallo stesso presidente della Regione siciliana, e proseguito con scoop giornalistici interviste su periodici, quotidiani e testate online, fra cui l’intervista al presidente della sezione regionale di Controllo della Corte dei Conti, e pareri di esponenti della direzione regionale del PD siciliano e dirigenti sindacali della Cgil. L’intento ormai chiaro è quello di fomentare nell’opinione pubblica il disprezzo verso la dirigenza regionale, per distrarre l’attenzione, bloccando ogni residua resistenza a riforme dannose inserite all’ultimo momento».
«Ricordiamo – prosegue la nota del Dirsi – che quest’estate solo la mobilitazione dei dirigenti più attenti è riuscita ad ottenere che del riordino dell’Amministrazione regionale se ne parli in una legge organica e non a spizzichi e bocconi. Tutti gli interventi puntano il dito sull’eccessivo numero di dirigenti della Regione siciliana, dimenticando che le situazioni additate con grande scandalo oggi sono figlie delle scelte politiche fatte nel passato anche recente».
Il Dirsi ricorda che nel 1985 nell’Amministrazione regionale si contavano 40 Direttori regionali ed equiparati, 490 Dirigenti superiori, 1821 Dirigenti amministrativi e tecnici. Oggi il Ruolo unico della dirigenza (Rud) comprende 1 Dirigente di prima fascia prima fascia, 33 Dirigenti di seconda fascia e 1712 Dirigenti di terza fascia.
A questo punto nel documento si ricorda l’ordine del giorno approvato dall’Ars il 14 dicembre 2011 che ha consentito «la mobilità in entrata dell’attuale capo di gabinetto del presidente Crocetta, il dottor Calogero Giulio Guagliano». In pratica, un provvedimento con il quale è stato bandito un concorso per esperti in ragioneria vinto da Guagliano, all’epoca in servizio nel Comune di Termini Imerese, casualmente la città del senatore del Megafono-Pd, Giuseppe Lumia.
«Altro argomento preferito contro la dirigenza – prosegue il documento del Dirsi – è la recente sentenza del Tar Sicilia che ha respinto il ricorso avverso la nomina di esterni a dirigenti generali sostenendo la carenza di interesse legittimo dei ricorrenti perché dirigenti interni di terza fascia. Tale pronunciamento, non definitivo, ma piuttosto sconcertante perché i giudici amministrativi non si sono limitati ad interpretare il testo vigente come prescrive l’art. 12 delle disposizioni preliminari al Codice civile, è in contraddizione con il parere reso dell’Avvocatura dello Stato di Palermo in data 22 gennaio 2008 secondo cui l’art.11 della legge regionale 3.12.2003 n. 20 consente ormai il conferimento, in via generalizzata, dell’incarico di dirigente generale… a tutti i dirigenti regionali, indipendentemente dalla fascia di appartenenza (come confermato, infatti, dalla sancita irrilevanza, a tali fini specifici, della distinzione in fasce».
«Collegato al precedente – si legge ancora nel documento del Dirsi – è la favoletta secondo cui in una notte (oscura e tenebrosa) il Legislatore siciliano con una magia ha trasformato dei vili funzionari in fulgidi dirigenti regionali. Sul punto, diverse sentenze ed ordinanze del giudice civile (caso Fazio – Tribunale del lavoro di Palermo, caso Briante, caso Scuto –Tribunale del lavoro di Messina) hanno riconosciuto il diritto alla qualifica dirigenziale sin dal primo inquadramento come tali».
«Anche il mondo accademico – leggiamo sempre nel documento – si è già espresso, in tempi non sospetti, nel senso che i dirigenti della Regione siciliana, rivestendo già prima della legge regionale n.10/2000 la qualifica di direttore regionale, dirigente superiore, dirigente amministrativo o tecnico, appartengono a pieno titolo alla qualifica dirigenziale. Ci spiega infatti Riccardo Ursi, dell’Università di Palermo, che la prima fase di vita della Regione siciliana, dalla promulgazione dello Statuto al 1971, ha visto il personale organizzato secondo il modello delle carriere statali, con una carriera direttiva forte di 1244 posti di ruolo. Segue la riforma Fusco-Mattarella che con la legge regionale 23 marzo 1971 n. 7 distingue il personale nella qualifica di direttore regionale ed equiparato, e nell’unica qualifica di Dirigente degli istituiti ruoli amministrativo e tecnici, in cui confluiscono le molteplici qualifiche della soppressa carriera direttiva, prevedendo inoltre la figura del dirigente coordinatore primus inter pares con incarico revocabile di coordinare il gruppo di lavoro».
«Non ci illudiamo che la guerra ai dirigenti regionali finisca – prosegue il Dirsi -. Confidiamo almeno che i colleghi non si avviliscano, ricordino che proprio noi siamo gli stessi che nel 1996, tutti uniti, siamo stati capaci di restare per cinque giorni di fila sotto le finestre del Palazzo dei Normanni contro il governo di Matteo Graziano (che non ha mai più vinto un’elezione) e la sua maggioranza all’Ars. Contro gli assalti orchestrati a bella posta vogliamo esprimere l’indignazione di una categoria che ha visto il proprio contratto stoppato al 2005, il Fondo tagliato del 20%, riorganizzazioni a cadenza annuale, scriteriate rotazioni (per non dire deportazioni) i cui pessimi risultati ora vengono pure stigmatizzati in recenti deliberazioni della Giunta regionale».
I dirigenti regionali ricordano i disagi che incontrano nel loro lavoro: «Lavoriamo nell’unica Regione d’Italia con il controllo preventivo di legittimità su tutti gli atti per i fondi cofinanziati statali e comunitari; con l’obbligo di pubblicazione – entro le 48 ore a pena di nullità – di atti amministrativi non ancora integrati di efficacia; con una tale congerie di leggi che non è stata possibile la redazione di testi unici e per quelli esitati occorre una nuova edizione; con la tagliola del patto di stabilità e della liquidità di cassa che tocca a noi spiegare agli inferociti utenti e fornitori al posto di chi a Palazzo dei Normanni fa ed approva il Bilancio; con l’avvicendamento nello stesso anno finanziario di due o tre dirigenti generali per la clausola di risoluzione su decisione della Giunta regionale, inserita nei loro contratti individuali. Ma soprattutto si lavora in assenza di programmazione e direttive politiche che possano affrancare dalle emergenze, e consentire un lavoro strutturalmente produttivo».
«Infine come se non bastasse – conclude la nota del Dirsi – dobbiamo subire pure il sarcasmo da parte dei dirigenti delle altre regioni e degli enti locali, che guadagnano di più di noi, ed il risentimento del personale che ci collabora».
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