I Baciamolemani: da dieci anni tra ska, folk e rock Nuovo album con «una visione diversa della Provincia»

Dimmi con che mezzo vai e ti dirò chi sei. Se si sceglie di farsi trasportare da una corriera, si deve mettere in conto che a bordo può salire chiunque, e in qualsiasi momento. È la scelta dei Baciamolemani, band ragusana che ha fatto del movimento il proprio status artistico. Un sali e scendi di arrangiamenti, musicisti e passeggeri sempre diversi: Piero Pizzo, Marco Guastella, Andrea Iozzia, Thomas Tumazzo Occhipinti, Davide Don Colfit Dipasquale, Pippo Distefano, Andrea Savasta e Andrea Dipasquale di strada assieme ne hanno fatta. 

«Nel 2006, quando abbiamo iniziato – racconta Andrea Dipasquale – eravamo ventenni, suonavamo nella banda del paese e la domenica andavano in gita coi nonni; affrontavamo tematiche scanzonate e vivevamo le dinamiche della provincia. Poi abbiamo iniziato a girare l’Europa». Sulla corriera dei Baciamolemani, infatti, si fanno molti incontri, come quello che li portò in Spagna dopo Ballacazziz, il primo disco. «Stavamo suonando vicino Acireale – continua Dipasquale – e tra il pubblico c’era un ragazzo spagnolo che, entusiasta del nostro concerto, ci ha invitato a suonare nel suo centro sociale a Barcellona. Ci siamo andati veramente, e da lì si sono schiuse le porte di mezza Europa: Spagna, Francia, Belgio, Olanda, Regno Unito, sempre a bordo della nostra corriera». 

Ed è proprio in occasione di un concerto in terra spagnola che i ragusani fanno un altro prezioso e, al solito, casuale incontro: conoscono i ragazzi della band catalana La Pegatina, con i quali registreranno due brani: uno nel proprio disco L’albero delle seppie, e l’altro nell’ultimo album degli spagnoli, già prodotti da Manu Chao. I Baciamolemani, chilometro dopo chilometro, crescono come una famiglia. «Stiamo insieme praticamente da dieci anni, abbiamo persino superato la famosa crisi del settimo anno. La cosa bella è che quando giriamo, conserviamo lo spirito dell’italiano in gita: ci meravigliamo di ciò che abbiamo attorno e lavoriamo professionalmente ma senza prenderci troppo sul serio». E di aneddoti da raccontare ce ne sarebbero, «come tutti quelli – interviene Don Colfit, MC della band – che riguardano Tumazzo (il percussionista): una volta è riuscito a perdersi pur avendo due macchine a disposizione per tornare a casa». Otto elementi sono tanti. «Oggi – riprende Dipasquale – ci si approccia alla musica in maniera programmatica: si pensa a una formazione ristretta per avere pochi problemi; certo, è comodo, ma si rischia di mettere paletti a idee più articolate, di imbattersi in un limite castrante». 

I Baciamolemani sono rimasti «siciliani di scoglio», con il loro bagaglio «venuto fuori naturalmente»: percussioni e fiati di formazione bandistica, senza particolari studi etno-musicali, ma tante processioni alle spalle; testi che rispecchiano la normale maturazione umana e artistica, e un genere che cambia ad ogni disco: dallo ska del primo, al folk del secondo al surf rock del prossimo, che uscirà nella prima metà del 2016. A proposito. «Con il nuovo lavoro siamo letteralmente tornati a casa, alla vita di tutti i giorni: è un affresco che contiene la nostra quotidianità e una visione diversa della provincia. Lasciamo i commenti agli altri, a noi basta il nostro punto di vista da osservatori; intanto, questo stile più rock, lo abbiamo sperimentato nell’ultimo concerto di Modica, davanti al numerosissimo pubblico di casa».

Nel frattempo è uscito il video de Il Natale è il 24, canzone di Piero Ciampi riarrangiata per l’occasione. «È un brano molto lontano da noi: occorre cimentarsi con coraggio in qualcosa di completamente diverso. In più, abbiamo avuto la fortuna di un interprete come Enrico Lo Verso, che incarna perfettamente sia l’uomo vissuto al quale non riesci ad affibbiare un’età precisa, sia il personaggio di un Ciampi che usava lo stomaco per far parlare il cuore». Questa è la Sicilia dei Baciamolemani, un luogo dove si può scoprire il mondo e «sopravvivere alla grande».

Gino Pira

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