I 37 anni del circolo Arcigay di Palermo, primo in Italia Omofobia: «Ancora solo uno su 40 denuncia violenze»

Il 22 maggio del 1981 a Palermo nasceva il primo circolo Arci Gay d’Italia, tra poco si festeggeranno i 37 anni. In undici firmarono e si esposero pubblicamente in una Palermo bigotta per promuovere la tutela dei diritti dei gay e la libertà sessuale. Tra questi undici c’erano anche Massimo Milani e Gino Campanella che da 25 anni stanno anche insieme e si battono per il superamento dell’omofobia. Dai dati diffusi dalle associazioni e dal telefono verde per denunciare violenze in questa giornata sono inquietanti. Sarebbero 50 i casi di omofobia al giorno in Italia. Oggi è la giornata mondiale contro l’omofobia e Gino e Massimo ne hanno passate tante insieme, sulla loro pelle e sulla pelle dei loro amici, invitano tutti alla veglia ecumenica che partirà da piazza Politeama alle 19. 

Intanto però loro ogni giorno da un punto d’osservazione speciale: il loro laboratorio di borse in pelle in via del Ponticello, alle porte di Ballarò, accolgono tutti per un consiglio, per un aiuto, anche solo per un sorriso «In molti ci dicono che grazie a noi, al nostro esempio, alla nostra tranquillità, hanno fatto coming out con la famiglia». Con la loro semplicità e tanta umanità negli anni sono diventati un punto di riferimento per molti. «Ormai qui è diventato un centro sociale» dice Massimo sorridendo, e aggiunge: «La situazione da quando è nato il primo circolo è cambiata – noi siamo stati testimoni di un cambiamento epocale

Nel 1981 trovare undici persone che firmassero quello statuto è stato molto complicato. Ma purtroppo non si può abbassare la guardia, le associazioni ci forniscono dati sconfortanti, a denunciare le violenze subite è solo uno su quaranta». Il 22 maggio è una data importante per la comunità Lgbt, nel 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarò che l’omosessualità non era più considerata come una malattia. «Trentasette anni fa a Palermo gli Lgbt erano invisibili, per noi fu un gesto politico fondare il primo circolo Arci Gay, per entrare nella sinistra. Allora non eravamo ben visti neanche dalla sinistra che diceva che l’omosessualità era un vizietto borghese». 

Il lavoro da fare è ancora tanto: «Spesso chi è vittima di omofobia è chi ha fatto coming out ed è stato buttato fuori di casa dalla propria famiglia. Ancora molta gente preferisce buttare fuori casa i propri figli piuttosto che accettare la loro omosessualità». La società civile è stata sempre più avanti rispetto alla classe politica, il livello di visibilità è certamente completamente cambiato ma purtroppo viviamo ancora in una società maschilista «L’attuale situazione politica con Salvini al governo è preoccupante se aspettavamo che la famosa legge contro l’omofobia venisse approvata, adesso possiamo scordarcelo». 

Malgrado anni di felicità e serenità di coppia, conditi da battaglie e lotte per il superamento dei pregiudizi e l’affermazione dei diritti, trascorsi insieme, Massimo e Gino non si sono ancora sposati, «Nel 2016 quando arrivò la legge sulle unioni civili sicuramente fu un momento molto importante per tutta la comunità – raccontano – ma per noi due il matrimonio è una battaglia per i diritti, un gesto simbolico troppo importante. Purtroppo questa legge prevede che per le unioni civili ci sia un istituto a parte dove sposarsi, e allora no, allora diciamo no. Quando sarà uguale per tutti, a quel punto ci sposeremo».

Alessia Rotolo

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