Per sapere se saranno processati i cinque dipendenti comunali di Pozzallo, coinvolti nell’inchiesta sulla gestione dell’hotspot, bisognerà ancora attendere. L’udienza preliminare prevista per questa mattina è stata rinviata, in seguito all’astensione dei legali difensori aderenti alla mobilitazione dell’Unione camere penali italiane, indetta per ribadire le istanze relative al tema del giusto processo. A confermarlo è Salvatore Rustico, legale di Virginia Giugno, la responsabile dello staff del sindaco Luigi Ammatuna accusata di aver avuto un ruolo nel sistema illecito che avrebbe caratterizzato l’utilizzo delle risorse economiche destinate al centro di identificazione per i migranti. «L’udienza non si è svolta, quindi la decisione slitta», commenta l’avvocato. L’accusa della procura di Ragusa nei confronti degli imputati è di truffa e frode nelle pubbliche forniture.
Il caso è finito al centro dell’attenzione a fine gennaio, quando i magistrati iblei, dopo aver chiuso l’indagine condotta dalla guardia di finanza tra il 2013 e il 2014, ha chiesto il rinvio a giudizio per sei persone, una delle quali nel frattempo deceduta. Secondo gli inquirenti, l’hotspot sarebbe servito per distrarre fondi che sarebbero dovuti servire per l’accoglienza dopo gli sbarchi e che invece sarebbero stati utilizzati per altri scopi: dalla sistemazione della palestra comunale al pagamento degli straordinari. Per riuscire nell’intento, uno dei meccanismi messi in atto sarebbe stata la richiesta di rimborsi per forniture mai distribuite. Come per esempio, le spese per la carta igienica, con i finanzieri che avrebbero scoperto che a dispetto di somme per 50mila rotoli in realtà ne sarebbero stati acquistati soltanto 700.
A favorire tale sistema illecito avrebbe contribuito anche la convenzione stipulata tra Comune e prefettura nel 2011, quando al posto dell’hotspot c’era ancora il centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa). In base a quell’accordo, infatti, il Comune – ente gestore del centro – era tenuto a inviare alla sede territoriale del governo soltanto dei report riepilogativi dopo ogni sbarco, moduli dove elencare le prestazioni e il materiale fornito ai migranti. Il tutto, però, senza bisogno di inviare fatture.
L’inchiesta coinvolge soltanto il personale del Comune, senza chiamare in causa i vertici politici. All’indomani della notizia della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei dipendenti – che all’interno dell’hotspot svolgevano le funzioni di direttore, magazziniere, contabile, responsabile servizio amministrativo e coordinatore – l’assessore al Bilancio, Francesco Gugliotta, si era detto perplesso in merito alle accuse mosse dalla procura. «Trovo irreale sostenere che abbiamo usato fondi per i migranti per ristrutturare una palestra», aveva commentato.
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