A Latina un imprenditore ha rischiato le manette per aver evaso ventuno, dicasi ventuno (!) euro! In una dichiarazione dei redditi del 2004, lo stesso imprenditore inserì una fattura, valutata dalla Corte come inesistente, di 107,59 euro.
La sottrazione al Fisco, quindi, ammonterebbe a 21, 51 euro. Luomo è stato condannato a due mesi e 20 giorni di galera. La legge prevede, infatti, quattro giorni di reclusione per ogni euro di imposta evasa nonché laddebito di tutte le spese processuali.
La pena è, comunque, sospesa. Un processo lungo e approfondito non è servito a scagionarlo dalle accuse, che hanno retto anche in Cassazione.
Si è trattato di un accanimento su questo piccolo, piccolissimo evasore. Nelle motivazioni i giudici della Suprema Corte hanno scritto che poco importava se lIva fosse di così modesto importo non essendo previsto per la sussistenza del reato alcun limite di punibilità.
Ancora una volta, ecco lo spaccato dellItalia di oggi: pene leggere per i grandi furbi e pene esemplari per i piccoli evasori. Viviamo in un Paese in cui levasione dellIva ha sfiorato i 50 miliardi di euro. Ed ecco un precedente importante nella giurisprudenza italiana. Va, però, detto che la pena va equiparata al reato e non si può condannare al carcere per 20 euro. Ma in Italia, soprattutto in Italia, succede questo e tanto altro.
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