Matteo Salvini ha già cerchiato in rosso la data del prossimo 14 maggio. Quel giorno il giudice per l’udienza preliminare Nunzio Sarpietro stabilirà se mandare a processo per sequestro di persona il segretario del Carroccio o se disporre nei suoi confronti il non luogo a procedere. È quanto stabilito oggi al termine della quinta udienza per il caso Gregoretti, tenutasi all’interno dell’aula bunker numero due del penitenziario di Bicocca. Prima di metà maggio però Salvini dovrà tornare ai piedi dell’Etna il 10 aprile, quando a parlare saranno accusa, difesa e parti civili per le conclusioni finali. «Non faccio pronostici», ha commentato il senatore in merito alla decisione prevista per il 14 maggio. «Continuo a ritenere di avere fatto il mio dovere e di avere salvato delle vite. Non chiedo una medaglia, ma rispetto».
Oggi in aula è stato sentito come testimone l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente dell’Italia a Bruxelles. Il diplomatico, classe 1959, è stato chiamato per ricostruire quanto avvenuto a luglio 2019, quando la nave della Guardia costiera Gregoretti rimase a largo delle coste siciliane per cinque giorni, con a bordo 131 migranti. L’allora ministro dell’Interno Salvini diede il via libera allo sbarco il 31 luglio, annunciandolo con una diretta Facebook soltanto dopo avere avuto garanzie da cinque Stati europei per la ricollocazione dei naufraghi. «L’ambasciatore Massari ha ricordato la realtà – spiega Salvini al termine dell’udienza – le politiche sull’immigrazione erano le stesse prima, durante e dopo. Anzi, noi abbiamo avuto il merito storico di risvegliare l’Europa». Tra i temi più battuti dalla difesa del leader del Carroccio, con l’avvocata Giulia Bongiorno, c’è l’unità d’intenti che sul tema migranti ci sarebbe stata tra il primo e il secondo governo guidato da Giuseppe Conte.
«La testimonianza di Massari è stata particolarmente efficace – spiega l’avvocata al termine dell’udienza – perché ha chiarito che c’è stata continuità politica tra il Conte uno e Conte due, tra Salvini e Lamorgese e in particolare ha detto che a partire dal caso Diciotti ci fu la scelta politica, da parte del premier e dei ministri degli Esteri e Interni, di fare pressione politica sull’Europa per la redistribuzione dei migranti ex ante cioè prima che avvenissero gli sbarchi». Su questo punto nell’udienza precedente si era espresso anche l’allora vicepremier e oggi ministro degli Esteri Luigi Di Maio, pure lui chiamato come testimone in una vicenda che ha visto sfilare davanti il giudice anche lo stesso ex presidente del Consiglio Conte.
Non comparirà invece davanti a Sarpietro l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Palamara. La sua presenza era stata chiesta, nelle vesti di testimone, dall’avvocato Corrado Giuliano, rappresentante della parte civile AccogliRete. Il giudice ha sciolto la riserva nelle battute finali dell’udienza dopo una camera di consiglio durata diversi minuti. «In questo processo – conclude Bongiorno – non possiamo fare un altro processo che probabilmente ci sarà in un’altra sede. Noi abbiamo chiesto espressamente al giudice di chiudere al più presto».
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