Più governo del «Pd che vuole entrare» che governo del Presidente. Se rimpasto deve essere, Rosario Crocetta vuole che sia quanto più protetto, coperto e garantito da quella parte di parlamentari regionali a cui Fausto Raciti, segretario regionale, deve in qualche modo dare conto. Le alchimie su quanto Renzi abbia messo in conto un’esposizione al rischio di un voto difficile della Sicilia nella prossima primavera nascono e muoiono di fronte alla pattuglia interna ai Dem che pressa per entrare in giunta. Da Mariella Maggio a Bruno Marziano, da Filippo Panarello ad Antonello Cracolici. Questo, che in ogni caso non è uno scenario nuovo, viene aggiornato dal livello di conflitto che ogni giorno diventa palpabile e senza esclusione di colpi tra Davide Faraone e Crocetta.
Un governo senza i renziani in Sicilia, da Baccei a Gucciardi e Contrafattto, è un governo che difficilmente può nascere. Le diplomazie al lavoro quindi hanno un compito quasi proibitivo, anche perché la strategia di Faraone è quella di martellare Crocetta senza soluzione di continuità sui limiti e le carenze che il sottosegretario riscontra nel governatore siciliano. Il pantano all’interno del quale si sono bloccati i ritocchi in giunta dei nomi di Antonio Fiumefreddo – in rapporti poco brillanti oggi con l’assessore all’Economia Alessandro Baccei nella veste di presidente di Riscossione Sicilia – e dei rappresentanti di Sicilia democratica, è nulla in confronto alla palude da cui non si riesce ad uscire con il gruppo parlamentare del Pd da una parte, mai così forte in questa legislatura, e l’equilibrio romano con i renziani di Sicilia.
Ruolo delicato in tal senso continua a svolgere Baldo Gucciardi, uomo forte in Sicilia del gruppo. Sia lui che Antonello Cracolici, potenziale nome da spendere per le deleghe più pesanti (Agricoltura o Bilancio) rappresentano al momento gli interlocutori di maggior peso e con Fausto Raciti provano a trovare i pochi punti d’arrivo comuni che ancora possono rimanere tra Faraone e Crocetta. Tra questi il lavoro portato avanti da Baccei per i conti e da Contrafatto per acqua e rifiuti. Oggi, a Roma, avrà luogo l’ennesima interlocuzione tra il governo regionale ed il sottosegretario Gianclaudio Bressa, alla vigilia del Cdm di domani che dovrebbe sancire la più che annunciata impugnativa sulla legge dell’acqua.
Credere in ogni caso che le urne siano più vicine nonostante tutto, è quasi un’illusione ottica. Il livello di scontro interno al Pd, dove trova posto anche l’azione di Fabrizio Ferrandelli, dimessosi dall’Ars alcuni mesi fa e pronto a lanciare una vera e propria fatwa nei confronti di Raciti, lavorando in proprio ad un progetto alternativo di rottura, ha ancora alcuni margini per essere sanato. Lo stesso Gianpiero D’Alia, leader dell’Udc, non poteva permettersi di fare finta di niente di fronte alla deflagrazione in atto ed ha accelerato per un chiarimento. I centristi siciliani che provano a tessere in prospettiva più con Castiglione che con Alfano, rilanciano il nome di Giovanni Pistorio in un ruolo diverso con delega più consistente (Attività produttive?).
Acque in movimento anche nel centro destra dove avanza la figura di Salvo Pogliese, potenziale nome di Forza Italia per la candidatura alla presidenza della Regione. Il lavoro di Nello Musumeci sui territori prosegue, ma il partito berlusconiano dilaniato dalla faida interna sul cooordinatore regionale Vincenzo Gibiino, prova a non farsi trovare impreparato, costruendo un percorso proprio da proporre anche ai leghisti di Sicilia, al momento in stand by, ma attenti alla vicenda.
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