Gli uccelli e gli altri animali di Villa d’Orleans, la nipote del primo presidente della Regione scrive a Crocetta

PER LA CRONACA, E’ STATO GIUSEPPE ALESSI A VOLERE IL PARCO ORNITOLOGICO DI PALERMO NEL 1955

Gentile Presidente,

con angoscia seguo le varie informazioni relative la riserva ornitologica del Parco d’Orléans, definita addirittura (presso un programma su LA7) una “bizzarria”, un paradosso della Regione. Osservo la campagna di tagli per cercare di recuperare i fondi che mancano e cercare di equiparare a tutti i cittadini una soglia di vivibilità quantomeno dignitosa, dunque immagino che, se necessario, dovrà essere ridimensionata pure la spesa per il mantenimento del Parco; ciò nondimeno vorrei ricordare che proprio quando le condizioni di degrado dilagano un po’ ovunque, le famiglie, i bambini, nutrono la propria anima, i propri sogni, di posti belli da vedere.

Spero vivamente che l’aspetto del Parco e la sua tanto attenta gestione non muti. Questo è uno dei rarissimi posti dove gli animali sono trattati bene, dove le famiglie per generazioni hanno portato i bambini a godersi una domenica di sole, in un posto “curato” e bello. Spero che questa bellezza non venga penalizzata, che noi cittadini non ne veniamo privati per rivolgerci ai soliti parco giochi o aree verdi poco attrezzate (eccezion fatta per il Parco Cassarà).

Il Parco d’Orléans non è un gioiello per pochi, come di continuo sembra emergere dai media, ma è stato e spero sarà ancora un gioiello per le famiglie della nostra città organizzato in tal maniera dal primo Presidente della Regione, allo scopo di regalare proprio a quelle famiglie che avevano patito gli stenti del dopoguerra, un segno di rinascita cittadina.

Quel Presidente, lo conoscevo bene, spesso raccontava a noi nipoti, come da piccolo alcune volte gli toccava andare a scuola senza scarpe e che, nella sua San Cataldo, non esisteva ancora una sistema fognario; a tal proposito, vorrei brevemente ravvivarne la memoria affinché il suo pensiero politico e la sua figura istituzionale lascino spazio a ciò che forse è stato dimenticato e che anzi, a mio parere, dà ancor più spessore alla sua singolare carriera: le sue origini.

Come Lei, mio nonno proveniva da umili origini: suo padre era “crivaio”, un mestiere oramai estintosi (che consisteva nell’incidere i grandi setacci di pelle con disegni anche ornamentali) e la madre, analfabeta, aveva avuto undici figli. Erano così poveri che come si soleva fare in quel contesto alcuni figli furono affidati alle istituzioni ecclesiastiche: due divennero preti, due suore, una sarta etc …

Mio nonno scelse la carriera di avvocato e qui mi fermo … tutto il resto, le sue posizioni antifasciste, le sue fedeli amicizie con storici avversari quali Pompeo Colajanni fanno parte già di quella sfera storica ben nota.

Quello che qui mi preme dirLe è che conosceva bene cos’era la povertà e cosa mancava alla gente indigente e che quando fu eletto Primo Presidente nel 1947, le condizioni economiche erano talmente rarefatte che nel suo Ufficio mancava (come ci disse più volte) finanche la carta per scrivere.

Lei altrettanto ha trovato una situazione forse ancora più degradata e difficile. Le auguro di cuore, pertanto, di poter perseguire le giuste riflessioni ma, La prego, senza dimenticare ciò che di buono ha fatto pure chi l’ha preceduta.

Cordiali saluti

Priscilla Alessi Wanstall

 

Redazione

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