Gli avvocati penalisti hanno dato il via oggi alla terza settimana di astensionismo nel giro di un mese e mezzo. Una presa di posizione molto forte nei confronti del provvedimento che riforma il codice di procedura penale, approvato in prima lettura dalla Camera nel marzo 2015 e approvato due anni più tardi con modifiche anche dal Senato. Il provvedimento, nel nuovo testo, torna ora all’esame della Camera per l’approvazione definitiva: la discussione del provvedimento è prevista proprio per maggio 2017. In tutto si tratta di 40 articoli che contengono una serie di importanti novità, molte delle quali non condivise dai penalisti. Tra i punti più contestati del provvedimento, ad esempio, ci sono il sistema della prescrizione e l’istituto dell’ammissibilità per richiedere appello. «Un decreto legge che contiene sostanzialmente una serie di porcherie e andarle a spiegare tutte è complicato, sono cose molto tecniche che non si possono esaurire con due parole», commenta a MeridioNews l’avvocato Lorenzo Marchese.
«Cambiano molte cose, insomma sono delle situazioni che per il cittadino sono in sostanza delle garanzie processuali abbastanza gravi e pertanto noi avvocati non siamo d’accordo su questa riforma e quindi cerchiamo con questo sistema, che è l’unico che attualmente noi possiamo portare avanti, di tenere desta l’attenzione dell’opinione pubblica per fare capire che ci sono delle situazioni che temiamo possano essere modificate», continua l’avvocato Marchese. Fino ad ora il nostro sistema ha funzionato in un modo molto preciso: esiste un primo grado di giudizio davanti al Tribunale, un secondo grado di giudizio davanti la Corte d’appello e infine un terzo davanti la Cassazione. «Quest’ultimo è un terzo grado che però subentra solo per motivi di diritto, non per motivi di merito – precisa il penalista – cioè sul fatto non si può andare a scrivere nulla in sostanza». Si esprime, quindi, in merito alle sentenze emesse dalla magistratura ordinaria.
«Da anni esiste una sezione apposita in Cassazione – prosegue Marchese – che valuta se ci sono i motivi di diritto ad hoc per l’ammissibilità o meno dell’appello, senza bisogno di un’udienza pubblica». Col provvedimento al vaglio della Camera, secondo l’avvocato, non è sufficientemente chiaro come verrà modificato questo passaggio: «Si creerebbe un forte filtro anche in appello – spiega infatti – Che sia un modo per dichiarare in prima battuta inammissibili i processi in cui c’è di mezzo un gratuito patrocinio? (cioè quando l’assistenza di una persona non abbiente è a carico dello Stato … ndr) – Mancherebbe una garanzia, cioè il giudizio d’appello, e questa è una cosa molto grave». Per non parlare dei tempi di prescrizione, cioè quel meccanismo che permette l’estinzione di un reato dopo un certo lasso di tempo, che secondo quanto previsto dal provvedimento si allungherebbero ulteriormente.
«Oggi se fai una denuncia un pubblico ministero può tenere aperto il fascicolo e far durare le indagini preliminari tre anni circa, quando invece il Codice dice che dovrebbero durare sei mesi e poi essere rinnovate per altri sei mesi in caso di situazioni particolari – aggiunge l’avvocato Marchese – Ma in sostanza prima di tre anni non c’è mai il rinvio a giudizio o l’archiviazione». Si va quindi incontro alla prescrizione: «Se per tre anni il fascicolo rimane nelle mani di un pm e il primo grado dura tanto quanto, in appello si prescrive. Adesso – prosegue – il Parlamento ha deciso per i tempi di prescrizione di non tener conto delle indagini preliminari, quindi praticamente un pm è quasi legittimato a perdere ancora più tempo, non gli bastano tre anni o tre anni e mezzo, può impiegarne anche cinque magari».
«Tanto poi se gli arriva la condanna a dieci anni a un ragazzo che magari a 19 anni non aveva una lira e aveva commesso un furto per cercare di campare, e non lo sto giustificando, ma adesso magari si è sposato, ha un figlio e un lavoro e gli arriva l’ordine di esecuzione dopo tutto questo tempo e se ne deve tornare in carcere perdendo tutto, cosa interessa al pm di questa situazione? La prescrizione serve invece proprio a questo», conclude l’avvocato Marchese. A che pro, quindi, proporre cambiamenti di questo tipo? «Questo provvedimento è stato votato con la fiducia, significa che si doveva per forza approvare altrimenti venivano meno la fiducia e il governo stesso e se ne dovevano tornare tutti a casa senza prendere i soldi del mandato parlamentare. Abbiamo un Ministro di Grazia e giustizia che non è nemmeno laureato in Giurisprudenza, non so se sia mai entrato in un tribunale, di cosa ci stupiamo quindi?».
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