Giustizia, a Catania un anno tra luci e ombre Dai tagli delle sedi distaccate agli sbarchi

Una chiaroscuro con più ombre che luci. Eccolo il quadro delle attività della magistratura catanese, delineato dal presidente della Corte d’Appello, Alfio Scuto, in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno giudiziario. «Buoni e ottimi risultati» nella formazione dei magistrati e nell’informatizzazione dei servizi; situazione di «forte criticità» per quanto riguarda l’insufficienza del personale e la carenza delle strutture. Il tutto aggravato dalla riforma delle circoscrizioni che ha tagliato le sedi distaccate dei tribunali. Un’operazione che proprio oggi il sottosegretario alla Giustizia, Giuseppe Berretta, presente a Catania, ha difeso, definendola «una misura strategica indispensabile per recuperare risorse e eliminare le diseconomie che affliggevano i Tribunali di minori dimensioni», e di cui invece Scuto ha ricordato le pesanti conseguenze. Il dettagliato rapporto del presidente della Corte d’Appello sul periodo compreso tra luglio 2012 e giugno 2013, prende in considerazione anche i risultati ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata, grazie anche ad alcuni collaboratori di giustizia e alla riorganizzazione della Direzione distrettuale antimafia. Ma mette in guardia dai pericoli derivanti dalla riorganizzazione di Cosa Nostra. Scuto ricorda quindi la diminuzione dei procedimenti pendenti (meno 10, 34 per cento) nel settore civile e il particolare impegno nel campo dell’immigrazione, con la creazione di un gruppo specializzato di magistrati della Dda. Mentre Catania resta ai vertici nazionali per numero di arresti di minori.

SOPPRESSIONE DELLE SEDI DISTACCATE
Il circondario di Catania ha subito il taglio di sette sedi distaccate e il loro accentramento al Tribunale del capoluogo etneo. Una riforma che, attacca Scuto, «non è stata indolore e ha portato a soppressioni molto sentite dalle popolazioni residenti e delle loro legittime aspettative di giustizia». Il sottosegretario Berretta in mattinata aveva ricordato come «l’analisi delle statistiche dell’ultimo trentennio mostra che gli uffici giudiziari più efficienti sono quelli con una dotazione di magistrati giudicanti compresa tra 30 e 60 unità: in questa prospettiva – ha aggiunto – sono state eliminate le strutture di dimensioni più modeste, nelle quali le scoperture di organico e le incompatibilità ostacolavano talvolta la funzionalità degli uffici ed è stata alleggerita la pressione sugli uffici metropolitani di maggiori dimensioni. Il risultato atteso della riforma, oltre ad un significativo risparmio di spesa è rappresentato da un netto recupero di efficienza del sistema». Giudizio completamente diverso viene invece dalle parole di Scuto, che sottolinea come, nonostante la revisione della geografia giudiziaria si attendesse da decenni per razionalizzare e offire servizi più efficienti, «questa si è piuttosto realizzata nell’ottica dell’impellente operazione di spending review nella Pubblica amministrazione». Questione di risparmi dunque secondo il presidente della Corte d’Appello, mentre per gli annunciati risultati di efficienza e di risparmio finanzario «bisognerà verificare nel tempo – sottolinea – specie in rapporto ai più generali costi sociali dell’operazione». Secondo i calcoli fatti, cinquemila nuovi processi, soltanto nel campo penale, affluiranno dalle sedi staccate al Tribunale di Catania, aggiungendosi al già cospicuo carico di lavoro dei giudici monocratici. E se è vero che «i provvedimenti continueranno ad essere trattati dai giudici delle sedi distaccate, provvisoriamente aggregati in attesa di una loro definitiva destinazione», resta da risolvere il gravissimo problema del «reperimento di locali idonei per tenere le udienze, per i giudici trasferiti e per la collocazione dei relativi fascicoli».

GIUDICI DI PACE
Se la riforma degli uffici giudiziari è ormai cosa fatta, Scuto lancia un allarme per quanto riguarda l’imminente processo di revisione che riguarda gli uffici del giudice di pace. Strumento indispensabile per i cittadini che rischia di scomparire in moltissimi centri minori. È prevista infatti la soppressione di tutti quelli subcircondariali, a meno che le amministrazioni locali interessate non si facciano carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio. «Tale opportunità – denuncia il presidente della Corte d’Appello – più che alla necessaria razionalizzazione di questi uffici sul territorio, corrisponde al mantenimento di quegli uffici che fanno riferimento ad enti locali più sensibili all’esistenza di un giudice di prossimità o anche solo più disponibili dal punto di vista finanziario, indipendentemente dall’importanza geopolitica o socio-economica della singola sede».

STRUTTURE GIUDIZIARIE INADEGUATE
Fascicoli e prove di reato negli uffici dei giudici, o addirittura nei corridoi dei tribunale, a disposizione di tutti. O trattenuti dalle forze dell’ordine per mancanza di spazio nelle strutture giudiziarie. E ancora magistrati costretti a lavorare in spazi angusti e inadeguati e udienze civili che si svolgono nelle stesse aule occupate dai giudici. I problemi derivanti dall’insufficienza di immobili sono in cima alle preoccupazioni nella relazione di Scuto che si sofferma sulla «persistente, incresciosa condizione dell’immobile di viale Africa, acquistato dallo Stato molti anni fa con pesante onere finanziario per essere destinato specificatamente ad uffici giudiziari catanesi, ma rimasto inutilizzato e in condizioni di abbandono». Il presidente suggerisce quindi che una soluzione – che passa dal mutamento di destinazione d’uso autorizzato dal Ministero – potrebbe essere trovata all’interno del protocollo d’intesa con la Regione ed il Comune, giudicato positivamente e che ha già portato alla destinazione ad uffici giudiziari dell’ex presidio ospedaliero Ascoli-Tomaselli, con assunzione dell’onere di ristrutturazione e riqualificazione a carico della Regione.

IMMIGRAZIONE
Il 2013 è stato un anno segnato dagli sbarchi sulle coste della Sicilia Orientale di migliaia di migranti che scappano da miseria, guerre vecchie, come quelle del Corno d’Africa, e conflitti nuovi come in Egitto e in Siria. La magistratura catanese è stata particolarmente sollecitata sul doppio fronte del contrasto alle organizzazioni criminali che operano nel settore dell’immigrazione clandestina e dai numerosissimi ricorsi – di competenza del Tribunale ordinario – dei richiedenti asilo a cui la Commissione territoriale rifiuta la richiesta di rimanere in Italia come rifugiati. Ricorsi moltiplicatisi anche perché sospendono l’efficacia del provvedimento impugnato. Per quanto riguarda il primo aspetto, Scuto rivendica i buoni risultati derivanti dalla «costituzione di un gruppo specializzato di magistrati della Dda e della procura ordinaria, coordinati da un procuratore aggiunto, che ha consentito di arrivare al fermo di numerosi trafficanti e al sequestro delle navi madre» utilizzate per il trasporto dei disperati.

Anche a Catania, al sovraffollamento delle carceri contribuisce in maniera maggioritaria la presenza di cittadini stranieri, che, non avendo spesso stabili dimore, non possono usufruire di misure cautelari diverse. Un problema dovuto «non solo al reato di immigrazione clandestina ma anche allo spaccio di sostanze stupefacenti, ai reati contro il patrimonio e contro la persona, commessi in concorso con imputati di nazionalità italiana. Reati che – continua il presidente della Corte d’Appello – sono espressione di un disagio e di una marginalità sociale che rischia di estendersi maggiormente». A queste problematiche si aggiunge la difficoltà di «reperire gli interpreti, particolarmente per alcune lingue dell’Africa centrale e di altre zone».

CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
«La riorganizzazione della Dda e la creazione di un gruppo specializzato per i reati contro l’economia hanno consentito interventi più incisivi nel settore delle estorsioni, dove si registrano importanti segnali di una maggiore fiducia dei cittadini che hanno denunciato», si legge nella relazione. Si riconosce quindi il valore di «alcune importanti collaborazioni» che hanno contribuito a fare luce sui «delitti della criminalità organizzata, che hanno portato all’adozione di misure cautelari e all’apertura di fasi di giudizio per gravi fatti criminali anche molto lotani nel tempo come l’omicidio del giovane Pierantonio Sandri e quello di Luigi Ilardo». Non bisogna però abbassare la guardia. «Questo impegno – continua Scuto – ha spinto alcuni esponenti di associazioni mafiose a tentarne la riorganizzazione ed è proprio tale risvolto che costruisce oggetto di attuali indagini e attività di prevenzione e che può comportare riflessi di particolare pericolosità».

MINORI
Catania resta una delle città italiane dove è più grave il problema del coinvolgimento dei minori in attività criminali. Nell’ultimo anno è aumentato il numero degli ingressi nei centri di prima accoglienza ed è lievemente diminuito quello degli arresti, «pur rimanendo su valori di primato nazionale se rapportato al bacino di utenza di distretti come Milano e Napoli». Si conferma il trend dei reati legati alla droga. «Ciò dimostra la vicinanza dei minorenni ad ambiti di criminalità organizzata con attribuzioni e compiti funzionali ad un più ampio assetto di illegalità e di conseguenza anche le misure applicate in fase cautelare sono quelle maggiormente contentive: carcere per 38 per cento, comunità per il 29 per cento». Situazione – sottolinea la relazione – «legata strettamente al basso grado di istruzione scolastica, particolarmente nella città di Catania, che favorisce l’inclusione perversa dei giovani in ambienti di criminalità minorile di rilevante gravità».

In conclusione il presidente della Corte d’Appello interviene a difesa della magistratura.
«La produttività dei giudici italiani – ricorda – è tra le più alte in termini assoluti tra i 47 paesi aderenti al Consiglio d’Europa: risulta essere la seconda in campo civile e la prima in campo penale. L’abnorme numero delle pendenze giudiziarie e l’eccesisva durata dei processi dipendono soprattutto da una domanda di giustizia che non trova eguali in altri paesi europei. Le critiche ingenerose nei confronti della magistratura – conclude – corrispondono sempre più a luoghi comuni o a posizioni interessate».

Salvo Catalano

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