Giovane, ben istruita e di ceto medio Identikit della donna vittima di violenze

Giovane, istruita e di ceto medio. È l’identikit della donna vittima di violenza a Palermo. A scattare la fotografia è il centro Le Onde, che in occasione della giornata scelta dall’Onu nel 1981 per celebrare la lotta contro la violenza di genere, ha diffuso i dati relativi agli atti violenti durante l’ultimo anno. Ne emerge un quadro che consente non solo di tracciare il profilo dei soggetti vittime di questo reato, ma anche degli ambienti in cui si consuma.

Il 66 per cento delle donne vittime di violenza in città proviene, almeno in origine, da contesti sociali di medio reddito. È di buona o media istruzione, dotata di strumenti culturali e occupata. «Contrariamente a quanto si immagina – racconta Maria Grazia Patronaggio del centro anti violenza Le Onde – anche le donne nate in classi sociali agiate, moderne professioniste e appartenenti a famiglie in vista necessitano di aiuto per uscire dal tunnel delle violenze domestiche. Spesso, anzi, è in queste circostanze che c’è più difficoltà nell’ammettere di vivere realtà degradanti».

Nei primi dieci mesi del 2014 sono state 601 le donne palermitane che hanno contattato l’associazione per parlare con uno degli operatori. Di queste, 361 sono state accompagnate nel processo di costruzione e attuazione di una nuova vita. Rispetto agli anni precedenti è aumentata la ricerca di conforto, confronto e aiuto, nell’intero 2012 le donne che hanno contattato la struttura di via XX Settembre sono state appena 431.

Si tratta nella maggior parte dei casi di universitarie o laureate (21 per cento) o diplomate alle scuole superiori (33 per cento). Le vittime, spesso giovani e occupate, rientrano al 65 per cento nella fascia di età che va dai 30 ai 49 anni. Gli ambiti domestici sono quelli in cui maggiormente si sviluppano situazioni di violenza, confermando le statistiche nazionali e internazionali: un impressionante 91 per cento di reati di violenza si consuma in casa (le donne sposate sono il 42 per cento) contro il 9 per cento che avviene fuori.

Solo il 17 per cento delle vittime è reduce da una separazione legale, il 9 per cento da una separazione di fatto e il 5 per cento da un divorzio. Alla base di questi numeri c’è il fatto che a perpetrare atti di violenza fisica, psicologica o verbale è quasi sempre il marito/compagno (68 per cento), seguito dell’ex partner (22 per cento), altro dettaglio coerente con le stime nazionali e internazionali. Soltanto il quattro per cento delle volte il soggetto violento è un genitore. Spesso il reato è accompagnato da casi di violenza assistita, termine che indica la presenza di bambini che assistono e che, secondo la giurisprudenza, subiscono danni e traumi pari a quelli di una violenza agita.

Le violenze che avvengono nell’intimità dell’abitazione privata sono soprattutto fisiche (37 per cento dei casi) e solo in piccola parte di natura sessuale (5 per cento). Gli uomini accusati posseggono quasi sempre lo stesso livello di istruzione della loro compagna/vittima e quasi sempre hanno un lavoro ben remunerate o di prestigio (libero professionista, insegnante e membro delle forze dell’ordine). In alcuni casi hanno dipendenza da alcool o sostanze stupefacenti ma la maggior parte degli individui che tra le mura di casa commette reati di violenza è ritenuto «normale» dalla società.

All’infuori dell’ambiente domestico, invece, il 25 per cento delle vittime denuncia di aver subito atti di violenza sessuale, il 39 per cento psicologica e il 14 per cento fisica. Sono soprattutto conoscenti a commettere questi reati (38 per cento), seguiti da ex amanti violenti e colleghi/datori di lavoro. Il 10 per cento delle vittime è stato abusato sessualmente da gruppi di uomini, un altro 10 per cento da estranei.

Restano, comunque, basse le denunce. Soltanto il 32 per cento delle vittime si rivolge alle forze dell’ordine. Una lenta ma profonda presa di coscienza della popolazione femminile, quella emersa dai dati, ma che apre una finestra sulla necessità di aumentare la ricettività dei centri a cui chiedere aiuto o consiglio. Nel 2012 l’associazione Le Onde era reperibile 12 ore a settimana, mentre nel 2013 e fino a ottobre 2014 sei ore al giorno compresi sabato e domenica. Secondo Patronaggio è stata la totale disponibilità del centro antiviolenza a determinare l’aumento dei contatti, «una disponibilità finanziata dal ministero per le Pari opportunità e oggi terminata, ma che va garantita – conclude – attivando procedure specifiche e continuative».

Eugenia Nicolosi

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