Giocattoli, quando a Catania arrivavano le prime novità «Ho portato zaini Seven quando tutti li volevano Invicta»

«Tra gli anni ’80 e ’90 i bambini catanesi erano tra i più fortunati di tutto il Sud perché qua arrivavano le prime novità del mondo dei giocattoli». Non nasconde il suo orgoglio il titolare di uno dei negozi di giochi più storici del capoluogo etneo, Alessandro Tancredi Terzo. L’uomo, ormai in età avanzata, ha ereditato La fantasia – è questo il nome dell’attività, fin dalle sue origini – dal padre Giuseppe poco dopo la sua morte. All’inizio lo ha gestito insieme alla madre, al fratello e a una sorella, poi è rimasto l’unico a occuparsene perché «per un motivo o per un’altro loro se ne sono tirati fuori», racconta a MeridioNews. Una dipartita alla quale non è mai subentrata da parte sua la voglia di chiudere bottega, nonostante la crisi e i cambiamenti nel settore, molti dei quali «ormai quasi irreversibili». Colpa, in questi ultimi casi, dei videogames, di Internet, degli smartphone, dei social network e pure dei molti centri commerciali. «Giocattoli se ne vendono pochi, è un triste dato di fatto, ma io resisto perché non sono un venditore di oggetti ma un ricercatore di balocchi», dice Terzo. 

Il primo negozio della famiglia Terzo apre nel 1944 in via Etnea, a piano terra del Palazzo Conte del Grado. Ai tempi Alessandro Tancredi è solo un bambino e l’attività del padre è unica nel suo genere. Vent’anni dopo La fantasia impacchetta tutto in un centinaio di scatoloni e si trasferisce in uno stabile di via Muscatello, nella zona di piazza Borgo. Locali dove rimane fino al 2009 quando Alessandro Tancredi sposta il negozio in via Cesare Vivante, nel quartiere di Cibali. Insieme al titolare, lavora nel punto vendita Cinzia, ormai da ventidue anni. «Ma una volta, quando ancora la gente aveva i soldi per comprare i giocattoli ai propri figli e nipoti i dipendenti oscillavano tra cinque e sei», ricorda il proprietario de La fantasia. Al negozio sono dedicate ben due pagine in libro sulla storia di Catania a firma di Angelo Boemi e Terzo lo mostra «ai clienti più giovani o a quelli che vengono da fuori e si trovano di passaggio». Lo sistema sul piccolo bancone dove c’è la cassa e inizia un via vai tra gli scaffali del locale, portando alcuni tra i giocattoli più antichi che nessuno ha mai comprato. «Lo so, ormai le cose vecchie si definiscono vintage ed è anche grazie a questa corrente che spesso vengono da me i collezionisti», spiega. 

Nelle mensole nulla è al proprio posto perché «l’ordine non va di pari passo con la fantasia», dice. Così è facile trovare la navicella Millennium Falcon di Star Wars Episodio I accanto ai pupazzi di Angry Birds, la penna di Sailor Moon vicino a una nuova collezione di pennarelli colorati i cui segni si possono facilmente rimuovere da vestiti e mani. E ancora, una buona collezione di abiti su misura per Barbie Skipper ma non adeguati alle Bratz, bambole più giovani rispetto alle prime di almeno un paio di generazioni. Giocattoli che sono stati compagni d’infanzia di chi adesso ha quasi trent’anni e «li conserva in qualche garage». Perché «i bambini degli anni ’80 e ’90 ricevevano moltissimi regali, sia per Natale che per un buon voto a scuola. I genitori venivano in negozio, sceglievano un articolo e noi facevamo il pacco più bello che si potesse desiderare», ricorda Terzo. Mentre oggi «i piccoli vengono piazzati davanti alla televisione, i cui cartoni animati più alla moda sono sulle reti a pagamento. Molte volte, per non farli lamentare, i genitori gli mettono in mano uno smartphone o un tablet», continua Terzo. 

Sarebbe proprio questo cambiamento di abitudini e di forte impronta tecnologica ad avere causato «il fallimento di molti negozi catanesi». «Nel 1973 oltre a noi, c’erano i negozi della famiglia Iacona e quello dei Milazzo, poi – prosegue Terzo – venne la Rinascente e in ultimo si segnò il punto di non ritorno con l’apertura dei centri commerciali». È in quel periodo che molte attività iniziano ad abbassare le saracinesche. «Ma io sono un leone, a volte andare avanti non è facile ma mi aiuta ricordare quello che ho fatto per tanti bambini: ho portato in Sicilia il primo Nintendo, gli zaini della Seven quando tutti volevano quelli Invicta e i Clipo di Hasbro quando da poco erano comparse le prime costruzioni», sottolinea. «Mentre oggi ho venduto solo un pezzo, Elsa di Frozen, per una collezionista Disney», conclude. 

Cassandra Di Giacomo

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