Giarre, Patanè candidato del centrosinistra «Come Prodi, vinciamo con il ceto medio»

Salvo Patanè è il candidato sindaco del centrosinistra di Giarre che si schiera compatto per tornare a guidare la città dopo dieci anni di amministrazione di centrodestra. Se nel 2008 era una lista di Rifondazione Comunista a correre insieme al Partito democratico, adesso sono Sinistra e Libertà e il Megafono, oltre a una lista civica, a completare la coalizione. 56 anni, consigliere provinciale uscente, è stato assessore comunale alla Protezione civile tra il 1999 e il 2002 nell’ultima giunta di centrosinistra della città, guidata dal professore Giuseppe Toscano. Architetto e professore al liceo scientifico Leonardo, è sposato e ha una figlia che sta per diventare direttore d’orchestra all’Accademia Santa Cecilia di Roma.

Patanè, lei ha fatto molto per essere il candidato ufficiale del centrosinistra. Candidarsi col Pd continua ad essere un vantaggio alla luce della situazione politica nazionale?
Un governo con Berlusconi non può essere considerato frutto di una scelta politica, ma la conseguenza di un sistema elettorale che non ha fatto vincere nessuno. Grillo non ha voluto sentire ragioni governative, ma questo deve essere un governo di scopo.

Come mai a Giarre non si sono fatte le primarie?
Non credo alle primarie. Soprattutto in una città come la nostra dove si sarebbero confrontate persone che si conoscono e hanno percorsi visibili. Se si scelgono primarie chiuse, vince chi ha più popolarità all’interno di un perimetro che già conosciamo e non ha senso, perché per diventare sindaco bisogna prendere voti dove non li abbiamo mai presi. Se sono primarie aperte, le esperienze di diversi Comuni ci dicono che sono gli altri a scegliere. Sarei favorevole solo se si istituzionalizzassero: se per legge tutti i partiti fossero chiamati a farle lo stesso giorno.

Non si è imposto sui paesi della provincia il modello Catania con Enzo Bianco?
Anche questo credo che abbia contribuito. Le primarie si fanno quando non si raggiungono gli accordi, altrimenti dovremmo dire che tutto quello che c’è di democratico prima delle primarie non lo è stato. Non sono l’esempio di democrazia massima, spesso al posto di unire dividono come a Palermo.

Non c’è stata nessuna imposizione dal partito provinciale?
C’è una rassegna stampa nutritissima di questi cinque anni in cui mi sono impegnato per la mia città. Non vedo perché debba essere una candidatura della nomenclatura. Io non sono nipote del popolo come alcuni, sono figlio del popolo. Essendo stato nel partito per cinque anni nell’istituzione provinciale e avendo concretamente manifestato impegno e correttezza, questa scelta alla fine ha trovato il consenso di tutte le parti.

Come si fa a prendere i voti fuori dal centrosinistra?
Come Prodi, accreditandosi presso il ceto medio, imprenditoriale e le partite Iva. Non voglio essere ecumenico, ma per poter governare questo Comune dobbiamo ascoltare tutti, anche chi tradizionalmente a Giarre ha votato per altri partiti.

Cosa la distingue dagli altri candidati?
Il fatto che io sono sempre stato così, che rappresento una parte della storia di questo paese, ho seguito un percorso politico naturale: dalla Dc al Partito popolare, poi la Margherita e infine il Pd. Vedo che negli altri schieramenti tutto questo non c’è. Non credo che si possa dire «non c’è destra, non c’è sinistra, ci sono io». Che è il pensiero dominante di Salvo Andò. La politica deve essere governata da un orizzonte, altrimenti andiamo incontro ad un’anarchia in cui i riferimenti culturali si perdono.

A proposito, qual è il suo?
Giorgio La Pira, il più grande sindaco.

Roberto Bonaccorsi, candidato del centrodestra, dice che i suoi riferimenti culturali sono di sinistra, lei cita Giorgio La Pira. Non c’è un po’ di confusione?
Forse Bonaccorsi è un po’ confuso e sarebbe dovuto essere in un altro partito. Io sto esattamente dove sono sempre stato.

In uno stato di pre-dissesto, se verrà accettato il piano di risanamento del Comune, dove si ritagliano le risorse per i servizi?
C’è stata una pletora di incarichi dati ad avvocati che hanno difeso cause indifendibili. Vanno eliminati anche i premi di produttività che non si possono assegnare a funzionari che hanno guidato l’ente al dissesto. Potremmo fare un ufficio legale al Comune visto che ci sono le professionalità. Sono stati investiti 800mila euro negli ultimi due anni. Una cifra enorme visto che non si trovano i soldi neanche per i cartelli stradali.

Tre cose da realizzare a costo zero.
Riqualificare il verde, affidandolo ai residenti. In via Trieste, ad esempio, tutto quello che gli abitanti hanno recintato per usi domestici, seppure in modo non legale, è l’unica parte che funziona. L’orto urbano non costa nulla. Secondo, ridefinizione della pianta organica, un mostro con una testa enorme e gambe piccolissime, perché mancano i giardinieri, i muratori, i fontanieri, operai polifunzionali ad esempio. Bisogna riequilibrare le figure dei cinque dirigenti. Terzo, far ripartire l’economia, riportando ad esempio l’area artigianale di Trepunti alla sua idea originaria. Bisogna instaurare un vero rapporto con le scuole e creare lì un incubatore di imprese. Facciamo un albo degli artigiani che sono disposti a prendere apprendisti. E infine avviare bando pubblico a condizioni agevolate per tutti quelli che vogliono mettere in sicurezza le proprie abitazioni.

A proposito delle spese pazze del Comune: bollette telefoniche di alcuni dipendenti da migliaia di euro e i costi esorbitanti per il trasferimento degli uffici comunali. Che provvedimenti prenderebbe?
Bisognerebbe solo accendere la luce e tirare fuori dai cassetti quello che c’è. Sono cose di cui si parla molto e forse si conosce poco. Sono convinto che troveremo una situazione più disastrosa di quanto ci stanno dicendo.

L’affidamento dei parcheggi a pagamento alla società Giarre Parcheggi e l’invasività delle strisce blu fanno discutere. Scioglierebbe il contratto?
Il rapporto con la Giarre Parcheggi arriverà ad un contenzioso. Lo dico con molta serietà: forse è più conveniente rescindere il contratto. Devo solo verificare la condizione economica tra il dare e l’avere e quantificare il saldo, ma non posso costringere i cittadini per 40 anni a stare in una situazione in cui ogni tre anni l’amministrazione deve verificare i conti con la ditta e se il privato va sotto, il Comune deve metterci di suo per pareggiare i conti. È pazzesco!

Crede che nell’assegnazione di questo appalto ci siano stati altri interessi?
Non lo so. L’atteggiamento complessivo di questa amministrazione è stato improntato alla clientela e all’opacità. Non mi scandalizzerei se molte delle cose fatte abbiano avuto un interesse, non dico economico, ma sicuramente elettorale.

Sulla questione rifiuti, dopo la rescissione del contratto con l’Aimeri da parte dell’Ato, si va verso la gestione diretta del servizio da parte dei Comuni. La ritiene la soluzione migliore?
È scandaloso che Giarre può contare su 44 dipendenti e il Comune paga all’Ato un canone di 300mila euro mensili. Non c’è corrispondenza tra quanto paghiamo e il servizio reso. Sarebbe opportuno che il Comune, da solo o in consorzio con Riposto e Mascali, gestisse direttamente gli operai. Il costo del rifiuto è in massima parte formato dal conferimento in discarica. Quinidi bisogna selezionare i rifiuti a casa. Ripartirei con uno studio del territorio, un piano dei rifiuti, perché è impensabile riprendere il porta a porta su tutto il territorio senza sapere quali sono le esigenze delle singole zone. Dobbiamo capire ad esempio se nei condomini è meglio passare al cassonetto differenziato, piuttosto che al porta a porta. I bidoni in uso attualmente sono impraticabili ed antieconomici: per svuotarli gli addetti ci impiegano il quadruplo del tempo rispetto al vecchio cassonetto. Ed è anche più piccolo.

Ridarebbe il contratto all’Aimeri?
È una ditta come tante altre in una situazione gravissima. Ha un credito di diversi milioni. Non facciamo affidamenti, ma bandi di pubblica evidenza ma dove c’è un’infiltrazione della criminalità organizzata è meglio stare alla larga.

Come ammortizzare i costi della rimozione della cenere vulcanica?
Se ancora esistesse, la provincia potrebbe gestire i mezzi per la raccolta. Adesso le strade sono due: o consorziarsi subito con altri Comuni, o costituire un nucleo di protezione civile sovracomunale così come è stato fatto per i Centri operativi misti.

Cosa si può fare ancora per evitare la penalizzazione dell’ospedale?
Molte delle cose perse non potranno più tornare. La conferenza dei sindaci, unico ente istituzionalmente competente, non ha funzionato, trincerandosi dietro ragioni politiche. Credo che la tranquillità del cittadino dipenda essenzialmente da un pronto soccorso funzionante. Nel caso di un intervento chirurgico programmato, è il medico che indirizza il paziente verso il centro più idoneo. La cosa importante è arrivare per un’emergenza e trovare la disponibilità e la competenza per stabilizzare il paziente e portarlo nella struttura più competente. Per questo chiederò con forza che venga ripristinata la piena funzionalità del pronto soccorso, con una diagnostica delle immagini, una piastra operatoria e medici reperibili sul posto.

Cosa fare per rivitalizzare il centro storico?
Riportare la gente ad abitare le dimore storiche. Un programma di cento cantieri, da 20-40mila euro ciascuno, darebbe anche una scossa all’edilizia. Per questo serve uno sportello unico per l’edilizia che contenga una conferenza dei servizi permanente con il genio civile e la sovrintendenza. Il progetto deve entrare ed uscire o approvato o respinto. La gente scappa dal centro storico perché non può allargare neanche una porta di 20 centimetri. L’idea di musealizzare il centro è l’opposto di quello che serve. Bisogna invece colorarlo e metterlo in sicurezza, perché gli edifici del corso Italia e di via Callipoli sono molto vulnerabili in caso di sisma.

Proposte a livello culturale?
Dobbiamo muoverci tenendo come sfondo il Mediterraneo. Pensiamo di sviluppare una fiera del libro del Mediterraneo e sulla cucina etnica. Vanno coinvolte le scuole a cui potrebbero essere affidate installazioni artistiche in piazza Duomo e Arcoleo. Lavoriamo sull’effimero, un’esperienza che ha una durata precisa durante la quale consuma se stessa. La Torre Eiffel nacque così. Queste installazioni dopo potrebbero essere esportate nelle piazze delle frazioni. E poi bisogna ricontestualizzare alcuni premi come la Giara d’argento, quello dedicato al giornalista Alfio Russo o una fiera come la Meari.

Cosa fare con le incompiute? È favorevole all’istituzione di un parco archeologico come proposto dalla fondazione Incompiuto Siciliano?
Il parco dovrebbe essere l’idea finale nel caso in cui non si possa fare nient’altro. Ma alcune opere possono svolgere il compito per cui furono progettate. La piscina oggi è nelle condizioni di poter essere completata, l’attiguo centro polifunzionale potrebbe diventare un museo aperto, senza copertura, metterlo in sicurezza e farci uno spazio aggregativo così com’è. Serve un investimento economico notevole, ma potremmo anche sfruttarne un solo compartimento, ad esempio la galleria a forma circolare che è molto bella e potrebbe diventare teatro di eventi estivi.

È immaginabile affidare al privato che completa la piscina, l’onere di mettere in sicurezza il centro polifunzionale?
Perché no. Credo che facciano parte dello stesso lotto regionale. I due percorsi si possono unire, anche perché la piscina che ha un grandissimo spazio verde attorno che arriva fino alla via San Matteo, pieno di agrumeti che allora furono espropriati. Il privato deve entrare in partnerariato con le amministrazioni, ma bisogna stare attenti per evitare collaborazioni come quella per la gestione delle strisce blu.

Ci sono altre opere incompiute che si potrebbero usare?
Lo stadio di atletica. Demolire le tribune ha un costo eccessivo, ma si possono sistemare gli spazi enormi e bellissimi al pian terreno. È un discorso da avviare a poco a poco, con i privati e le associazioni sportive.

Quanto spenderete in questa campagna?
Poche migliaia di euro. Ho fatto stampare mille manifesti e abbiamo la pubblicità in televisione, mentre nessun candidato consigliere realizzerà manifesti 70×100 perché sono costosi e inutili.

Che farete in un eventuale ballottaggio che dovesse vedervi coinvolti?
Si dice sempre che è un’altra storia, che si resetta tutto per cercare alleanze. Ma è anche vero che non dobbiamo perdere la nostra identità e tradire gli elettori.

Significa che c’è qualcuno con cui si può dialogare e altri con cui è impossibile?
Non do niente per scontato. Fino ad ora non ho capito né il programma di Andò, né quello di Bonaccorsi. Mi pare improbabile che qualcuno possa vincere al primo turno. Ma allo stesso tempo vincere non significa farlo a tutti i costi. Un’alleanza è possibile solo se rimane intatta la parte importante nel nostro programma.

E se ci arrivaste da spettatori?
Non credo che si possano portare con le ruote i voti ottenuti al primo turno. La gente è matura per scegliere da sola. Un’alleanza significherebbe entrare nella spartizione della quota di maggioranza (12 consiglieri su 20 ndr). Ma è una cosa da fare con molta saggezza e adesso non so dirlo. Io non mi vedo con nessuno dei due principali contendenti, perché noi abbiamo un’altra visione della politica.

I pronostici non sembrano a suo favore.
Credo che le persone stiano capendo che sia dalla parte di Andò che in quella di Bonaccorsi ci sono gli stessi che hanno governato Giarre in questi ultimi dieci anni. La gente guarda anche in alto per vedere chi tira le fila. Cambierebbe il direttore d’orchestra ma lo spartito resterebbe sempre uguale. I consiglieri uscenti che hanno appoggiato la vecchia maggioranza, 18 su 20, sono ripartiti tra Bonaccorsi, Andò e D’Anna. Gli unici due che in questi dieci anni hanno fatto opposizione sono Tania Spitaleri e Josè Sorbello. E sono con noi. Io ci credo perché la gente ci ferma per strada e ci chiede di vincere.

[Foto di Maria Guglielmino sulla pagina FB Salvo Patanè]

Salvo Catalano

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