Denunciare l’Asp di Catania per interruzione di pubblico servizio, dopo la chiusura del pronto soccorso di Giarre. E’ quanto chiede ufficialmente il consiglio comunale del centro ionico al sindaco Roberto Bonaccorsi, attraverso una mozione approvata ieri sera dall’assemblea cittadina.
Contestualmente viene anche chiesto di richiedere l’immediata revoca della delibera 664, il vero e proprio pomo della discordia, che secondo la maggior parte dei consiglieri contrasta con quanto era stato in precedenza pattuito tra l’assemblea dei sindaci del distretto sanitario 17 e il dirigente dell’Asp Franco Luca.
La delibera in questione prevede l’istituzione di un Punto di primo intervento medico (P.P.I.), la cui fisionomia sembrerebbe assimilabile a quella di una semplice guardia medica, mentre, secondo gli accordi stipulati in precedenza, entro il mese di maggio si sarebbe dovuto realizzare almeno un Presidio territoriale di emergenza (P.T.E) con la presenza di un medico 24 ore su 24 e di autoambulanze medicalizzate, cioè un servizio migliorativo rispetto al P.P.I.
«Tra gli impegni contenuti nella mozione votata dal consiglio comunale – spiega la presidente della Commissione sull’ospedale, Tania Spitaleri – c’è l’esposto contro i vertici dell’Asp per l’interruzione di pubblico servizio causata dalla chiusura del pronto soccorso e dalla non contestuale attivazione di servizi adeguati a rispondere alle emergenze, così come la richiesta di revoca della delibera, che comporta un altissimo rischio sanitario per i cittadini. La politica locale non intende sottostare a scelte scellerate e non vuole abbassare la guardia».
La mozione diffida, inoltre, l’Asp 3 da qualsiasi ulteriore spostamento di servizi e risorse umane e strutturali. «Questa mozione – conclude la Spitaleri – è un ulteriore tassello nella battaglia a difesa del diritto alla salute di un intero territorio, fortemente leso dalle scelte incomprensibili e pericolose deii vertici dell’Asp. Le istituzioni e le associazioni locali, insieme, rivendicano la salvaguardia della dignità dei cittadini di dieci Comuni attraverso un’offerta sanitaria adeguata e, soprattutto, ad una necessaria e sufficiente risposta da parte dell’azienda alle urgenze, che riteniamo improcrastinabile».
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