Dopo neanche tre anni di sindacatura, Roberto Bonaccorsi si è dimesso dalla carica di primo cittadino di Giarre. Impossibile trovare la quadra per formare una nuova giunta dopo l’azzeramento di quella precedente. In un consiglio comunale dove quella che era stata l’opposizione – nel dettaglio il gruppo Articolo 4-Pd – era pronta a diventare maggioranza.
Sindaco, circa un anno fa diversi consiglieri comunali (anche della sua maggioranza) sono confluiti in Articolo 4. Cosa è successo da quel momento?
«Sono totalmente cambiati gli equilibri, oggi non avevamo più neanche il quorum per aprire la seduta del consiglio comunale. Eravamo rimasti in sette. Giorno dopo giorno il clima si è troppo incattivito, c’è stata un’esasperazione dei rapporti, bisognava prenderne atto».
Che percorso ha tentato di seguire dopo l’azzeramento della giunta?
«Una parte dell’opposizione aveva dato un contributo determinante all’approvazione del bilancio consuntivo. Ho visto uno spiraglio per trovare un accordo su un programma di fine consiliatura, obiettivi da realizzare nel breve. Ma ho preteso che i nuovi assessori fossero scelti tra soggetti inseriti nella realtà sociale ed economica della città».
Era un’idea in partenza condivisa dall’opposizione?
«Inizialmente sì, poi è naufragata e non so perché. Volevano una giunta politica, ma questa scelta, per coerenza e rispetto degli elettori, necessita un passaggio elettorale. Se stravolgi il mandato che ti hanno dato gli elettori non puoi che ritornare al popolo, la mia sarà una visione romantica della politica ma non può che essere così».
Quando parla di opposizione, intende che il confronto è stato con Luca Sammartino (leader regionale di Articolo 4)?
«Non ho mai avuto la possibilità di parlare con lui, il confronto è stato con un gruppo di consiglieri comunali che si era reso partecipe di questa iniziativa. Con Sammartino ho provato più volte un confronto di merito, ma non c’è stata opportunità e non per mancanza mia».
Lei ha detto di essere rimasto «l’unico baluardo dell’indipendenza di Giarre». A chi si riferisce?
«Giarre nel recente passato è stata considerata colonia rispetto a una distribuzione di potere provinciale, un’appendice dove mettere la bandierina e nel frattempo le scelte venivano fatte a Catania. Io non ho mai chiamato da nessuna parte prima di decidere se una cosa potesse essere utile alla città. Qualcun altro invece ha idea che si debba continuare in quel modo».
Parla di Sammartino?
«Non entro nel merito delle sue dichiarazioni e non ho problemi a discutere pubblicamente con lui dei problemi di Giarre, anche se ritengo che lui non li conosca. Ma indipendentemente da questo, il fatto che alle mie dimissioni risponda Sammartino e non il rappresentante locale, è la testimonianza di quello che dico io».
A proposito di Giarre sacrificata sull’altare di altri poteri provinciali, uno dei suoi sponsor è sempre stato l’ex sindaco di Bronte Pino Firrarello. Lo ha sentito?
«Non conoscevo Firrarello prima delle elezioni, l’ho conosciuto in maniera discreta in campagna elettorale. Ma basta vedere gli atti, non mi sono mai arrivate indicazioni sulle scelte amministrative di questa città. Anche con Pippo Pagano (senatore Ncd), c’è un rapporto di rispetto reciproco dei ruoli».
Restano tante le cose non fatte del suo programma elettorale. Per fare un esempio: la raccolta differenziata mai partita.
«Il bando di gara che abbiamo preparato è fermo all’Urega (l’Ufficio regionale grandi appalti) da un anno e mezzo e non è ammissibile. In tempi brevissimi abbiamo sciolto l’Ato, individuato il luogo per l’isola ecologica e trovato le risorse per realizzarla. Ora c’è un contenzioso. Tutto quello che potevamo fare lo abbiamo fatto».
Si ricandiderà, forse già a giugno?
«Me l’hanno già chiesto ieri, ma oggi sono molto stanco, in tre anni ho preso sei giorni di vacanza. Non lo so, tra venti giorni, se si dovesse votare a giugno, con una consapevolezza diversa rispetto a tre anni fa e verificando alcune condizioni, potrei anche valutare l’ipotesi».
Tre anni fa, guardando alle liste che la sostenevano e vedendo tanti consiglieri passati da un partito all’altro, le chiesi come faceva a fidarsi. Lei rispose «è il comandante che dà la rotta». Perché i giarresi dovrebbero fidarsi di nuovo?
«Il comandante la rotta non l’ha cambiata, anche se qualcuno ha abbandonato la nave. Quando ho capito che quella rotta non era più perseguibile, ho deciso di tornare al voto».
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