La frase incisa, «vittima del mare», potrà essere sostituita da un nome e da un cognome: Mohammed Abdallah. Il piccolo siriano continuerà a riposare al cimitero di Ribera. Così hanno voluto i genitori che hanno finalmente ritrovato il corpo di uno dei quattro figli dispersi nel naufragio del 2 agosto del 2014, in cui morirono 280 persone a largo della Libia. Un riconoscimento che non allevia il dolore ma che lo avvolge di un velo di serenità. Merito di Walter Partipilo, agente della polizia scientifica di Agrigento. È lui che una sera, guardando la trasmissione Chi l’ha visto, riconosce la foto del piccolo siriano, una delle tante vittime della strage del mare che il poliziotto ha visto passare dagli obitori. «Seguo sempre il programma, è una mia passione – racconta a Meridionews – e mi è saltato subito all’occhio la somiglianza della foto mostrata sullo schermo con il bambino arrivato morto il 4 agosto sulla nave Peluso».
Partipilo partecipa, pochi giorni dopo al naufragio, all’autopsia sui corpi di una donna e del piccolo. «A me tocca fare le foto, ritrovare sul corpo ogni elemento utile al riconoscimento, eventuali tatuaggi, cicatrici e prendere le impronte». Dettagli, soprattutto le scarpe e alcuni vestiti, che riemergono nella mente dell’agente di fronte alla tv. «Sono corso a vedere sul sito di Chi l’ha visto l’elenco degli scomparsi – racconta – coincideva tutto: la descrizione, l’età, la data della scomparsa, il giubbotto di salvataggio ancora messo». Nella notte del 2 agosto la famiglia Abdallah si trova insieme sul barcone salpato dalla Libia, ultima tappa del viaggio verso l’Italia che li ha portati prima dalla Siria all’Egitto. Il padre ha raccontato agli agenti che lo hanno accompagnato nel riconoscimento, gli ultimi momenti prima che la barca si capovolgesse. L’immagine della moglie che tiene stretti due dei quattro figli. Poi, di fronte ai primi mezzi di soccorso, il movimento improvviso di centinaia di persone che provoca il ribaltamento del mezzo. In mezzo alle onde la famiglia Abdallah si separa e si perde, per sempre. A salvarsi sono solo i genitori che, dopo aver fatto tappa a Salerno, arrivano a Milano, quindi raggiungo la meta del loro viaggio: Stoccarda. È qui, tramite la Caritas locale, che lanciano l’appello per ritrovare quantomeno i corpi dei loro piccoli e il messaggio viene accolto da Chi l’ha visto.
«Ho subito chiamato il mio dirigente e si è attivata la macchina per portare a Ribera il padre e la madre del piccolo», precisa Partipilo. «Sono arrivati giovedì e venerdì c’è stato il riconoscimento – racconta l’ispettore Maria Volpe, della divisione Anticrimine – hanno guardato le foto, le scarpe e la biancheria intima. Non c’è stato dubbio. Nel pomeriggio li abbiamo accompagnati al cimitero di Ribera e abbiamo pranzato insieme, sono due persone dolcissime, molto sofferenti e chiuse nel loro dolore».
Dal 2008 in servizio alla Scientifica di Agrigento, Partipilo non ha mai smesso di fotografare cadaveri restituiti dal mare. Sono migliaia i corpi di migranti seppelliti nei cimiteri italiani senza nomi. Per ogni vittima del mare, una famiglia ne cerca le tracce, in mezzo a mille difficoltà, anche amministrative e burocratiche. «Nella storia della famiglia Abdallah i sentimenti si mischiano: c’è la contentezza di aver contribuito a dare un po’ di serenità, il conforto di avere almeno un corpo su cui piangere, e ovviamente dall’altra parte c’è il dispiacere di trovarsi in questa situazione. Almeno – conclue il poliziotto – mi sento di essere stato utile».
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