«Qui una volta era tutta campagna». Quante volte i più anziani hanno utilizzato uno dei luoghi comuni più
diffusi per raccontare gli effetti del progresso e l’urbanizzazione. Eppure oggi questa frase a Gela assume il
sapore diverso, quello amaro di una campagna violentata.
Al di fuori del perimetro urbano, periferie e campagne sono da tempo diventate ricettacolo
incontrollato di ogni tipo di rifiuti. Si tratta il più delle volte di zone isolate, spesso anche a cavallo tra i confini di Comuni diversi che scaricano
a vicenda la responsabilità degli interventi di pulizia.
Vere e proprie terre di nessuno. È il caso per esempio degli appezzamenti di terreno che si trovano alla periferia nord-est della città, appena
oltre i confini della zona industriale e delle ciminiere della Raffineria.
Oltrepassando gli ultimi insediamenti industriali di Eni, a poche centinaia di metri dalla famigerata discarica
Cipolla e dalle sue pozze nere ancora piene di idrocarburi, ci si imbatte in una trazzera in terra battuta.
Circa dieci chilometri di campagna fatta di campi coltivati a vigneti e ulivi e tante terre dedicate al pascolo.
Uno scenario bucolico che si interrompe bruscamente dopo appena poche centinaia di metri per lasciare
posto a un panorama agghiacciante.
A pochi passi da uno degli abbeveratoi storici, caratteristici delle campagne gelesi, svetta una piramide alta
più di tre metri di copertoni di camion semi bruciati.
Con loro anche tonnellate di materiale di risulta, frutto di ristrutturazione edile e di plastica proveniente
dalle serre, gettati a poche decine di metri dagli alberi di ulivo.
L’aspetto più grave di questo degrado riguarda l’enorme quantità di amianto abbandonata tra i
campi. In diversi punti della campagna, le lastre di eternit scaricate in quantità industriale sottoposte alle
continue intemperie si sbriciolano sprigionando fibre e polveri nell’aria.
Ancora più preoccupante è quello che accade nei campi poco più avanti. Settembre è tempo di semina e i
contadini incuranti dei cumuli di amianto che invadono il terreno, hanno comunque proceduto ad arare il
campo passandoci sopra con il trattore. Il risultato è che lastre di eternit, serbatoi e tubi di amianto sono
stati triturati e mescolati col terriccio che, da qui a qualche settimana, accoglierà i primi semi.
Le polveri di amianto così si depositano sui frutti dei campi, penetrano nella terra e finiscono sull’erba
brucata dagli animali da pascolo. Le fibre finiscono all’interno dell’organismo umano generando una delle
peggiori forme di cancro, il mesotelioma pleurico, la cui incidenza sul nostro territorio è drammaticamente
alta.
A denunciare questa vicenda è uno dei proprietari degli uliveti della zona: «Vengo qui due o tre volte l’anno – racconta a MeridioNews – per la semina e per il raccolto, e più tempo passa più la situazione peggiora. Ormai abbiamo
anche paura a utilizzare le olive del nostro terreno, non ho più il coraggio di mangiarle».
«Da anni chiediamo controlli più stringenti all’amministrazione comunale – continua – non possiamo più
essere ostaggio di questi criminali che utilizzano i nostri campi come discariche».
Dal Comune intanto fanno sapere che una delle quattro telecamere mobili, che in questi mesi hanno consentito di individuare e multare centinaia di sporcaccioni in città, verrà utilizzata anche
per monitorare le campagne.
Un primo importante passo per arginare la situazione.
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