Gela: presidi itineranti, ma gli operai emigrano Nasce coordinamento delle donne per il territorio

Oltre tre settimane di proteste, tra presidimanifestazioniconsigli comunali monotematici. Tra gli operai di Gela, in lotta per un posto di lavoro, la stanchezza si fa sentire. Dopo aver allentato le presenze e l’intensità delle rivendicazioni, i presidi si fanno itineranti. In luoghi più che altro simbolici. Come quello dei giorni scorsi all’Agenzia delle Entrate o quello di ieri davanti la sede dell’Inps. «Ci manca solo il cimitero, visto che ormai siamo morti», sorride amaramente un lavoratore che ci tiene a rimanere anonimo. «Ci vuole serenità», ammonisce Orazio Gauci, della Fiom. «La serenità è il lavoro», gli viene risposto. Rimane il supporto dei sindacati confederali. 

Alcuni dei metalmeccanici più presenti e agguerriti ai presidi degli scorsi giorni partiranno in questi giorni per due fermate lavorative a Taranto e Falconara Marittima. «Dobbiamo pure darci da fare», dice Franco. «Una volta che non arrivano stipendi e ammortizzatori sociali, né quelli ordinari né in deroga, come dobbiamo mangiare?». Intanto il consiglio comunale rimane aperto e permanente. «Bisogna mantenere alte la tensione e l’attenzione», sottolinea Luciana Carfì, presidentessa del circolo Arci Le Nuvole. Per questo motivo nei giorni scorsi ha invitato madri, figlie e compagne dei lavoratori della raffineria, oltre alle esponenti del volontariato locale, per un incontro sulla situazione drammatica in cui versa la città. Ne è nato, martedì scorso, un coordinamento di donne per il territorio. Al primo appuntamento, lo scorso martedì di Carnevale, erano circa una trentina. 

Tra le proposte venute fuori c’è la volontà di coinvolgere la presidentessa della Camera. Laura Boldrini. e più in generale tutte le parlamentari. Per una questione sempre più ampia da affrontare al femminile, come finora non è stato fatto. «In questi frangenti disperati le donne diventano spugne e sono perciò doppiamente vittime», spiega Carfì. «Questo neonato coordinamento rivendica la libertà di dire le cose, di non accettare più passivamente le decisioni. Finora invece è emerso lo scaricabarile, a fronte di un territorio fermo». Una rete di donne che invece ha deciso di non rimanere immobile per affrontare tematiche generali e allo stesso tempo problemi concretissimi. «Se le bonifiche non vengono fatte e le garanzie occupazionali non vengono rispettate, ci si trova poi col rischio di perdere la casa, con l’ansia del possibile sfratto o con l’impossibilità di poter pagare le bollette», aggiunge ancora la presidentessa Arci. «Ecco perchè abbiamo deciso di andare incontro alla gente. Ci sono persone che non possono pagare l’assicurazione e hanno difficoltà a spostarsi. C’è anche il rischio che la criminalità riprenda piede in questa crisi senza apparente uscita. Si continuano a sottovalutare i problemi».

Andrea Turco

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