Gela, Niscemi e Piazza Armerina: addio a Catania L’Ars ha bocciato l’adesione alla città metropolitana

Questo matrimonio tra Gela, Niscemi e Piazza Armerina da una parte e Catania dall’altra non s’ha da fare. Idem per il Comune di Licodia Eubea, che invece voleva staccarsi dall’allora provincia etnea e aderire al nascente libero consorzio di Ragusa. Nella giornata di ieri l’Assemblea regionale siciliana ha bocciato l’adesione dei primi tre Comuni alla città metropolitana di Catania. Stesso discorso, a parti inverse, per la cittadina etnea. I confini delle ex province siciliane, dichiarate soppiantate più volte ma ancora tenacemente in vita, rimangono invariati

Il parlamento siciliano ha approvato la proposta della I Commissione, che già a maggio aveva detto no ai quattro disegni di legge che tentavano di dare seguito alle decisioni referendarie. Nella votazione a scrutinio segreto 51 i favorevoli alla bocciatura e 14 i voti contrari. Unica astenuta l’assessora per le autonomie locali e la funziona pubblica Luisa Lantieri, in quanto proponente del disegno di legge su Licodia Eubea che poi non è passato. Il deputato Salvatore Cascio, attuale presidente della I Commissione, ha provato a fare chiarezza. «Si è partito con un disegno di legge che aveva una sua struttura e una sua impalcatura, e si è arrivati a un altro disegno che ne ha un’altra completamente diversa – ha detto -. Nel primo caso si prevedeva la possibilità reale di istituire nuovi liberi consorzi e, di fatto, confermando i nove liberi consorzi, sommava le tre città metropolitane. Successivamente, questo disegno di legge è stato completamente modificato, nel senso che le tre città metropolitane rappresentano le intere province di Palermo, Catania e Messina». 

Il nodo della questione rimane sempre quello: il voto referendario, che aveva detto sì al passaggio a enti non ancora nati, a cosa faceva riferimento? Ai liberi consorzi o alle città metropolitane di Catania, Palermo e Messina che sono sorte nel frattempo in loro vece? Per il deputato di Sicilia Futura non ci sono dubbi: «Quel referendum era di altra natura». Dubbi poi anche sul passaggio del personale che, sempre secondo Cascio, comporterebbe «una sovraesposizione su Catania e una sottoesposizione su Caltanissetta». Una decisione che non è andata già agli amministratori locali. «Quello che si è consumato – ha dichiarato il sindaco di Gela Domenico Messinese – è un atto grave della Regione che continua a mantenere nel limbo i Comuni che hanno già deliberato il passaggio». 

E pensare che proprio negli scorsi giorni la giunta Messinese aveva rimodulato le deleghe, consegnando all’assessore Francesco Salinitro il compito nuovo di curare il passaggio alla città metropolitana di Catania. Tutto da rifare dopo la decisione del parlamento siciliano? L’assessore annuncia battaglia. «Un atto contro le leggi che la stessa Regione ha scelto di darsi – è il primo commento di Salinitro -. Un atto irridente nei confronti della città di Gela e dei Comuni che hanno compiuto scelte di libertà. È inaccettabile e non finirà qui». 

Lo smacco è anche per i comitati che si sono ostinatamente battuti per l’addio alla provincia di Caltanissetta. «Rimane inattuato l’articolo 44 della legge regionale 15 del 2015 15 – dichiara Filippo Franzone, presidente del comitato per lo sviluppo dell’area gelese -. Non è cambiato nulla, ci prepariamo per l’impugnativa, lo stavamo già facendo, continuiamo». Liliana Bellardita, portavoce di Gelensis Populus, punta il dito sul silenzio di Enzo Bianco, sindaco di Catania e vicepresidente dell’Anci. «Ci saremmo aspettati un maggiore interessamento maggiore. È come se si fosse dissolto», commenta. 

Andrea Turco

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