L’avvocato di Gela Grazio Ferrara a servizio del capomafia Salvatore Rinzivillo. Il legale 39enne è stato arrestato oggi dalla squadra mobile di Caltanissetta su richiesta della Direzione distrettuale antimafia nissena. È accusato di associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, sarebbe stata la longa manus di Rinzivillo, anche dopo la sua carcerazione, avvenuta a ottobre del 2017. Da quel momento in poi avrebbe fatto da intermediario tra il detenuto e gli affiliati liberi, acquisendo sempre maggiore peso all’interno dell’organizzazione.
Insieme a lui oggi, nell’operazione Exitus, sono finiti in carcere anche due imprenditori – il gelese Benedetto Rinzivillo, detto Peppe ucurtu, 55enne cugino di Salvatore, attivo nel commercio delle carni, e Giuseppe Incorvaia, 73enne imprenditore in pensione di Licata attivo nel settore di cosmetici e profumi – ed Emanuele Zuppardo, 62enne storico affiliato del clan Rinzivillo, domiciliato a Parma e già sottoposto alla libertà vigilata. Tutti sono accusati di associazione mafiosa. Benedetto Rinzivillo risponde anche di tentata estorsione.
L’indagine rappresenta una costola dell’operazione Extra fines che portò all’arresto, il 4 ottobre 2017, di 37 affiliati al clan-Rinzivillo. Quell’operazione delineò l’ascesa di Salvatore Rinzivillo, scarcerato nel 2013, ai vertici della famiglia mafiosa, in assenza dei fratelli Antonio e Crocifisso, storici capimafia detenuti al carcere duro. Da Roma Salvatore Rinzivillo avrebbe riorganizzato il clan, portando avanti gli affari criminali – estorsioni e traffico di droga – anche nella capitale e in Germania.
Adesso emerge che il nuovo capo si sarebbe avvalso del determinante aiuto dell’avvocato Grazio Ferrara, definito dagli investigatori suo «uomo di fiducia» con mansioni «che andavano ben oltre gli incarichi forensi». Una collaborazione iniziata quando Salvatore Rinzivillo era a piede libero e continuata, con maggiore intensità, una volta tornato in carcere. Il legale avrebbe tenuto i contatti con Benedetto Rinzivillo; con Carmelo Collodoro, esponente di cosa nostra gelese; con Santo Napoli, mafioso di Milazzo; con Paolo Rabito, uomo d’onore della famiglia di Salemi, autista degli esattori Nino ed Ignazio Salvo; e con Roberto Salerno, reggente della famiglia di Cosa nostra di Vittoria.
Nel corso dell’indagine è stato anche rilevato che l’avvocato Ferrara avrebbe fatto arrivare al boss in carcere messaggi dall’esterno, anche attraverso l’esibizione di fogli manoscritti durante i colloqui. «Una modalità ingegnosa – sottolinea la polizia – con la quale pensava di eludere eventuali intercettazioni ambientali a suo carico».
Venendo alla posizione degli imprenditori, Benedetto Rinzivillo opera a Gela nel commercio di carni. È accusato di appartenere al clan Rinzivillo: avrebbe anche offerto disponibilità ad assumere alle proprie dipendenze personale indicato dal capomafia e avrebbe favorito l’infiltrazione del clan nel tessuto economico legale attraverso il riciclaggio di denaro di provenienza illecita. Deve rispondere anche di tentata estorsione, per avere tentato di procurarsi un ingiusto vantaggio a danno di un imprenditore concorrente, rappresentante di carni e salumi, che sarebbe stato minacciato di morte qualora avesse continuato ad offrire ai clienti la stessa carne da lui commercializzata. Il secondo imprenditore arrestato è Giuseppe Incorvaia, di Licata. Dal carcere Salvatore Rinzivillo gli avrebbe impartito ordini attraverso l’avvocato, e il commerciante si sarebbe prestato a investire e riciclare soldi sporchi.
Infine Emanuele Zuppardo, storico appartenente al clan rinzivilliano di Gela, avrebbe approfittato dei permessi premio durante la carcerazione a Milano, per riprendere i contatti con Salvatore Rinzivillo, e facendolo incontrare con lo storico esponente di cosa nostra di Salemi, Paolo Rabito. Incontro avvenuto effettivamente il 14 aprile del 2017 e a cui avrebbe presenziato anche l’avvocato Ferrara.
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