Gela, la pizzeria incendiata riapre subito «Distrutto quel poco di buono che resisteva»

«Non posso andarmene, non posso dargliela vinta». È lo sfogo di Maurizio Satorini, titolare insieme al fratello, del locale Il TangueraDato alle fiamme il 9 febbraio scorso, è uno dei più noti esercizi commerciali di Gela. Si trova in contrada Femmina Morta, lungo la statale 115 che porta alle località balneari di Roccazzelle e Manfria. Quella che fino a tre anni fa era anche una discoteca, adesso è un ristorante-pizzeria che nei giorni di festa dà lavoro ad una ventina di persone. «Questo rogo è la ciliegina sulla torta che distrugge quel poco di buono che in città resisteva», ammette il proprietario. 

Sulla matrice dolosa dell’incendio gli inquirenti hanno pochi dubbi. E ne ha pochi anche Satorini, che pure ha dichiarato agli inquirenti di non aver ricevuto minacce negli ultimi tempi. Nel 2006 i fratelli Satorini avevano denunciato i propri estorsori, che erano stati successivamente arrestati. «A chi chiede il pizzo questo danno non converrebbe – ragiona il titolare -. Io credo che ci siano altre persone in mezzo, persone alle quali il locale dà economicamente fastidio». A distanza di tre giorni dall’incendio l’odore acre e intenso non si è ancora disperso. Difficile fare una stima dei danni, anche se è facile prevedere cifre importanti. Su 550 metri quadrati di spazi, il capannone è andato completamente distrutto. Tavoli, sedie ed apparecchiature come i forni sono inutilizzabili. Un frigo viene caricato su un furgone per essere gettato in discarica. «E per fortuna il nostro pizzaiolo si è accorto in mattinata del rogo che stava divampando – aggiunge Satorini – altrimenti le fiamme si sarebbero estese al resto del locale». 

Il locale non risulta né videosorvegliato, né assicurato. Quando la discoteca era stata dismessa con essa se ne erano andati pure i buttafuori e le telecamere. «Non sentivamo il bisogno di controlli, visto che negli ultimi anni non abbiamo avuto più tensioni all’interno o all’esterno del locale», spiega Satorini. «Ormai da noi vengono solo famiglie e gente che vuole ballare. Gente tranquilla, insomma». 

I titolari però non si scoraggiano. La stessa sera dell’incendio hanno riaperto il locale per una serata di liscio. Per lanciare un segnale, certamente. E per non perdere l’opportunità economica della prossima festa di san Valentino. Così a sbracciarsi in questi giorni insieme a loro ci sono anche alcuni amici. «Gela è morta, non vedo come risollevarla se non dandoci una mossa tutti quanti», riflette ancora Satorini. «La dipendenza dall’Eni è evidente. Quando avevo 18 anni qualche possibilità questa città riusciva ancora ad offrirla. Prendi noi, ad esempio: abbiamo cominciato coi campetti di calcio e pian piano ci siamo allargati. Ma per chi ora è appena maggiorenne non vedo molte soluzioni». 

Andrea Turco

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