Sarebbero i gelesi Giuseppe Trubia e Saverio Di Stefano gli autori delle pesanti intimidazioni del 24 giugno scorso, quando due persone aprirono il fuoco prima contro il portone d’ingresso di un panificio in via Generale Cascino e poi contro un bar di via Crispi. In entrambi i casi sarebbe stato usato un fucile calibro 12 a canne mozze, con i due che si spostarono a bordo di un mezzo a quattro ruote precedentemente rubato. I proprietari delle due strutture sono i componenti della famiglia Ardore.
All’interno dell’esercizio commerciale si trovava una dipendente che soltanto per caso è rimasta illesa, riuscendo a rifugiarsi nel retro del locale. A riprendere l’accaduto sono state le telecamere di sorveglianza dei due negozi. Dopo i fatti i due uomini avrebbero fatto ritorno in un ovile in contrada Fiaccavento, dove avrebbero nascosto l’arma e si sarebbero scambiati gli abiti per poi successivamente bruciarli insieme all’automobile. All’origine dei due assalti ci sarebbero stati contrasti nel traffico di droga e una ritorsione, legata all’incendio di un’auto di Di Stefano avvenuto la sera prima.
Il giudice per le indagini preliminari ha emesso questa mattina due ordinanze di custodia cautelare in carcere per Trubia e Di Stefano, di professione pastori e risultati entrambi pregiudicati. A chiedere l’arresto è stato il pubblico ministero Andrea Sodani. Per i due le accuse sono di minacce, danneggiamento, porto abusivo di arma da fuoco e ricettazione. «Gela non è più il mattatoio degli anni ’90 ma resta un pericoloso Far West, dove si spara in pieno giorno e alla presenza di donne e bambini», ha detto in conferenza stampa il procuratore capo di Gela Fernando Asaro.
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