Gela, cos’è successo al mercatino e il bilancio dei feriti I cinque in codice rosso trasferiti a Palermo e Catania

Fiamme, urla, tanta paura e una nuvola di fumo nero visibile da tutta la città. Il bilancio dell’esplosione al mercatino vicino alla stazione che intorno a mezzogiorno ha sconvolto Gela è molto pesante: i vigili del fuoco parlano in totale di 20 persone coinvolte, 14 feriti sono stati ricoverati in ospedale, di questi cinque sono molto gravi in codice rosso e sono stati trasferiti o sono in via di trasferimento in elisoccorso all’ospedale Civico di Palermo (quattro) e al Canizzaro di Catania (uno). Stando a fonti sanitarie, si tratta di quattro donne, di cui una 32enne all’ottavo mese di gravidanza, e di un ragazzo di 16 anni. 

A esplodere è stata una bombola di gas in un furgone adibito a rivendita di polli allo spiedo. I vigili urbani hanno accertato che l’ambulante ha una regolare licenza per svolgere la sua attività nel mercatino che ogni settimana riempie via Madonna del Rosario, vicino alla stazione centrale. Le certezze finiscono qui: su tutto il resto saranno le indagini aperte dalla Procura di Gela e affidate alla polizia a fare chiarezza. 

Dei cinque feriti con codice rosso, due, con ustioni su oltre il 65 per cento del corpo, sono stati trasferiti immediatamente nei reparti grandi ustioni del Civico e del Cannizzaro. Nelle ore successive si è provveduto anche al trasferimento degli altri tre feriti più gravi. Altre nove persone sono ricoverate in codice giallo all’ospedale di Gela, nessuno di loro è in pericolo di vita, ma due potrebbero essere portate in altre strutture. «La macchina dell’emergenza si è attivata subito e ha funzionato bene», sottolinea il sindaco Lucio Greco. 

Nel mercatino si sono vissuti momenti di panico e grande paura: alcuni testimoni hanno riferito di avere visto diverse persone fuggire con gli abiti in fiamme, prima di essere soccorse. Mentre gli ambulanti più vicini al luogo dell’esplosione sono scappati cercando di portare via il più rapidamente possibile le loro merci. 

Salvo Catalano

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