Torna in edicola oggi, dopo uno sciopero lungo una settimana, il Giornale di Sicilia. In prima pagina ovviamente spazio al terremoto che ha devastato l’Italia centrale. Non una parola, invece, sull’aspro scontro interno che vede da una parte il comitato di redazione e dall’altra Antonio Ardizzone, direttore ed editore dello storico quotidiano siciliano dal 1982 (il direttore responsabile è invece Giovanni Pepi). Una contrapposizione molto forte che va avanti da tempo e sulla quale si sono espresse diverse penne che hanno fatto la storia del giornale di via Lincoln. Sul piatto della bilancia c’è sì il destino dell’organo di informazione più antico d’Italia, in grave crisi di copie e di pubblicità, ma più in generale una transizione – quella dal cartaceo all’online – che viene discussa da anni e alla quale ciascun giornale ha provato ad indicare strade personali. Finora infruttuose.
Nello specifico il Gds ha da tempo affidato la gestione del sito ad un gruppo di giornalisti esterni alla redazione, che nei giorni scorsi ha diffuso numeri esaltanti. «Circa quindici milioni di pagine viste ogni mese – si legge in un articolo del 5 ottobre – il sito del Giornale di Sicilia non solo si conferma come leader nell’informazione on line siciliana, ma continua a migliorare le sue performance». E sempre al sito bisogna guardare per capire meglio lo stato dell’arte della versione cartacea.
In una nota il cdr spiega l’assenza dalle edicole da lunedì scorso. Partendo da una polemica rivolta direttamente alla lunghezza della direzione di Ardizzone, che secondo i giornalisti in sciopero «si ostina a non confrontarsi con il futuro, a non volere affrontare le sfide della modernità. Una direzione in carica dal 1982 – scrive il cdr – quando gli azzurri di Bearzot e Paolo Rossi vinsero il mundial in Spagna e in Italia il presidente della Repubblica era Sandro Pertini. Un’era geologica fa». Poi vengono elencati i vari sacrifici affrontati nel corso degli anni, tra ammortizzatori sociali e tagli ai compensi. Per concludere con una dichiarazione di intenti che è allo stesso tempo un appello. «Non possiamo rassegnarci alla mancanza di idee, di progettualità, di uno sguardo fresco, aperto e lucido verso il futuro. Vogliamo lavorare, informare, vivere».
In aggiunta c’è la piccata risposta di Ardizzone. Che esordisce ricordando: «sono l’editore di maggioranza assoluta, il titolare delle decisioni, il direttore politico di questo quotidiano e l’ultimo discendente della famiglia che ha fondato questo giornale 156 anni fa». Per poi ribadire come «l’obiettivo cruciale, oggi, è quello di sopravvivere tentando di riportare nell’azienda quell’equilibrio tra costi e ricavi che la crisi ha travolto». In che modo? «Ristrutturando tempi di produzione, accorpando edizioni, rivedendo formule e modelli consolidati nel passato – spiega l’editore -. Questo non comporterà maggior lavoro per i giornalisti, ma certamente più estro, più impegno facendo cadere, forse, confortevoli abitudini e certezze trascorse».
Entrambe le parti promettono ulteriori battaglie. «Siamo pronti a rifarlo – annuncia il comitato di redazione riferendosi allo sciopero appena concluso – se azienda e direzione si ostineranno a non ascoltare le ragioni di chi vive di questo giornale più di loro». «Facciano pure – risponde Ardizzone -. Io resto fermo. Fino alle estreme conseguenze».
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