Sabato pomeriggio in mezzo ai manifestanti contro il G7, spiccheranno delle pettorine verdi. Saranno quelle degli avvocati – Goffredo D’Antona, Dario Pruiti, Carmelo Picciotto, Francesco Aurichiella e Pier Paolo Montalto – del legal team che vigilerà sul corretto andamento della manifestazione. Un gruppo che ormai da otto anni partecipa agli eventi di protesta in Sicilia, indirizzando il proprio comportamento su una regola semplice: «Vigilare sull’effettività del diritto che deve prevalere sempre sul sopruso e sull’arbitrio».
Avvocato D’Antona, perché un team di avvocati a un corteo di protesta contro il G7?
«Perché gli avvocati sono sentinelle della Costituzione e noi avvocati riteniamo che la Costituzione vada tutelata ovunque nelle aule dei tribunali, come nei cortei».
Da quanto tempo cercate di essere presenti ai cortei e a quali avete preso parte?
«Le pettorine verdi le abbiamo messe la prima volta nel contro G7 di Siracusa del 2009, da allora sono tanti i cortei nei quali le abbiamo indossate».
Vi ispirate a qualcuno in questo lavoro?
«Non molto. A genova 2001 ci furono gli avvocati del legal forum, ma era una esperienza diversa. Noi ad esempio non parteciamo ai lavori preparatori delle manifestazioni. È ovvio che condividiamo le posizioni del corteo, ma non facciamo parte dell’organizzazione, in tal modo siamo più liberi di muoverci e la nostra indipendenza è la maggiore tutela dei manifestanti. Semplicisticamente noi siamo gli avvocati del corteo, non del singolo manifestante durante il corteo».
Da lunedì scorso le limitazioni alle libertà personali sul territorio di Taormina e Giardini Naxos si sono moltiplicate. Sul piano giuridico, si può giustificare tutto per ragioni di sicurezza?
«Il piano giuridico ha diversi livelli, diversi punti di vista. In teoria in nome della sicurezza si possono fare tante cose, poi bisogna vedere se il problema della sicurezza non sia creato ad hoc proprio per limitare le garanzie personali. È evidente quello che sta succedendo: Tarormina e Giardini sono città militarizzate. Capisco i problemi, ma allora questi eventi andrebbero fatti in luoghi più sicuri, ad esempio una nave da crociera. Tutto deve essere contemperato e qui non vedo nessuna contemplazione di interessi».
Nelle limitazioni imposte riscontrate qualcosa che è andato oltre i limiti dettati dalla Costituzione?
«Come dicevo, esistono vari punti di vista. Faccio un esempio grossolano: se c’è una epidemia di colera è giusto chiudere le scuole. Ma se si vogliono chiudere le scuole è più facile, anzi è legittimo, con una epidemia di colera creata ad hoc».
Cosa pensate del terrore con cui chi vive e chi lavora sul lungomare di Giardini Naxos attende questo corteo?
«Non so se ci sia terrore, se c’è mi spiace. Penso però che facciano più paura i blindati e l’esercito a Taormina. In ogni caso bisogna capire quanto questo terrore, se c’è, sia naturale o indotto. Premesso che un corteo con miglia di persone è un problama di ordine pubblico, questo è evdiente. Però a mio avviso vi è anche un certo desiderio di crearlo. Ma non solo in questi giorni. Penso alla criminalizzazione fatta dal Procuratore capo di Torino Caselli sul movimento No Tav, o a certe affermazioni sul movimento No Muos. Generalizzare come violenti movimenti che hanno tante anime è sempre sbagliato e chi occupa posti di responsablità dovrebbe avere la maturità per capirlo».
Chi ci sarà al corteo?
«Su questo corteo oggi sentivo un dirigente della polzia di Stato che a un telegiornale parlava di corteo degli antagonisti. Ecco, a parte che non so cosa significhi antagonista, ma etichettare un corteo con quel termine a mio avviso è sbagliato, perché si ingenera il timore che quel termine vuole contenere. Da quello che so al corteo ci saranno partiti politici, ambientalisti, associazioni antimafie, studenti. Tacciarlo come il corteo degli antagonisti non è solo sminuente o limitatativo, ma non opprtuno. Perché nell’immagnario colettivo oggi il termine antagonista suscita (non so perché) timore».
Avete notato cambiamenti, rispetto al passato, nelle forme di protesta di movimenti, associazioni, e realtà cosiddette antagoniste?
«Io c’ero nell’aprile del 1982, a Comiso, alla marcia dei centomila contro i missili e questi cambiamenti li vedo rispetto al passato. Sicuramente, ma è evidente a tutti, c’è una sempre minore partecipazione. Genova 2001 è una ferita che non è mai stata sanata e ha prodotto in molti un senso di sconfitta dovuto alla paura e alla repressione. La differenza essenziale è che le persone scendono sempre meno in piazza».
Negli ultimi giorni si parla sempre di rischio scontri, i commercianti di Giardini chiuderanno.
«Sulle forme di protesta dipende dal tipo di corteo e da chi manifesta. Momenti tensione ci possno essere sempre, dovuti a varie logiche e non non è questa la sede per analizzarle. Sicuramente, rispetto al passato, nei cortei degli ultimi anni vedo più rabbia, che non vuol dire certo violenza. Rabbia semplicisticamente dovuta ad un nettissimo distacco tra istituzioni e manifestanti. Mai come oggi le istanze della base sono assolutamente disattese e per base non intendo solo i disoccupati, i precari, ma persone comuni che portano avanti le loro istanze e non hanno refernti politici, sindacali o istituzionali. Oggi si chiude un ospedale, si apre una discarica, si abbattono gli alberi con un colpo di penna, senza interloquire con nessuno, infischiandosene delle popolazioni locali. Questo produce un senso di impotenza che sfocia in rabbia e, ribadisco, per rabbia non intendo violenza».
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