Rastrellamenti a tappeto, dopo le prime manifestazioni contro il G20 del 7 e 8 luglio ad Amburgo. E tanti italiani fermati, identificati e non rilasciati. Tra i quali Orazio Sciuto e Alessandro Rapisarda, attivisti etnei adesso detenuti in Germania con una non meglio precisata accusa di danneggiamenti. Prima trattenuti per un paio di giorni in stato di fermo e successivamente arrestati in attesa, pare, di un corrispettivo tedesco del processo per direttissima. «Non erano situazioni di tensione, loro avevano partecipato alle manifestazioni come tutti. Come centomila persone». Chi era sul posto racconta di un accanimento delle forze dell’ordine teutoniche contro italiani, spagnoli e francesi. Per lo più uomini, perché spesso le ragazze sarebbero state fermate e successivamente lasciate andare senza neanche essere identificate. «È come se in Italia ti fermassero, ti chiedessero i documenti e poi ti arrestassero perché dall’altra parte della città c’è qualcuno che sta commettendo un reato», continua una fonte di MeridioNews che ha assistito ad alcune delle operazioni della polizia tedesca, lì sul posto.
Alessandro è stato fermato nella notte tra il 6 e il 7 luglio, mentre Orazio è stato fermato il pomeriggio del 7. Il primo era di fronte a un bar, il secondo in un parco. «Era appena finita la manifestazione e si era esaurito il concentramento: non c’era stato ancora un momento conflittuale». «Da quello che ho capito non c’è ancora stata una risposta del giudice a proposito di una eventuale convalida del fermo», spiega l’avvocato Goffredo D’Antona, che segue a distanza il caso di Orazio Sciuto. «Probabilmente in Germania i tempi sono un po’ diversi – continua il legale – Sembra emergere una generalizzazione di condotte da parte delle forze dell’ordine, senza alcuna soggettività. Sicuramente c’è un problema di garanzie difensive: l’accusa non è ancora stata formalizzata per iscritto. Il nostro Stato di diritto e i bistrattati tempi italiani ne escono in maniera lusinghiera», ironizza l’avvocato.
Nel caso di Sciuto, sarebbe stata la famiglia a dovere contattare il Consolato del ministero degli Esteri italiano. «Non è accettabile che debbano essere i familiari a mettersi in contatto con le autorità italiane in Germania e non il contrario. Siamo in Germania, a 200 metri da Milano, nella civilissima Europa», commenta D’Antona. Nel frattempo, a seguire la situazione delle centinaia di persone fermate c’è il legal team tedesco, una squadra – composta anche da avvocati – che si occupa di vigilare su eventuali condotte repressive delle forze dell’ordine e delle autorità. «So che Orazio sta bene, intanto siamo in attesa».
Simile è la posizione di Alessandro Rapisarda, difeso da Pierpaolo Montalto: «Lui è stato fermato una mezz’ora dopo la fine del corteo – aggiunge Montalto – Che a un ragazzo completamente incensurato venga applicata una custodia cautelare come il carcere è un fatto assolutamente inconcepibile per l’ordinamento italiano». Anche in questo caso – come, sembra, nel caso di Emiliano Puleo, attivista di Rifondazione comunista di Partinico – non è chiara l’accusa precisa. «Inoltre i ragazzi catanesi non sono stati fermati in flagranza di reato e, quindi, non si capisce per cosa. Questo comportamento è inaccettabile. Ci stiamo adoperando per parlare con la Germania, ma è gravissimo che nessuno si stia attivando per riportare questi ragazzi in Italia».
Gli attivisti e le attiviste del Centro sociale Liotru, vicini ai due giovani finiti in manette, intanto hanno pubblicato un articolo sul portale di informazione antagonista InfoAut. «È stato, ed è, ingiusto trovarsi nelle carceri tedesche, con la sola colpa di volere attraversare liberamente le strade e le piazze in queste importanti giornate di lotta – si legge nella nota – Questi arresti non sono altro che il modo di difendersi di un cane che è stato ferito». E concludono: «Vogliamo Orazio e Alessandro, come tutti i fermati, liberi subito».
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