E’ infuriato con il sindaco di Palermo Daniele Lo Porto, fratello di Giovanni, il cooperante ucciso al confine tra il Pakistan e l’Afganistan lo scorso gennaio, durante un raid statunitense contro al Qaeda. Dal 20 agosto, da quando le spoglie di Lo Porto sono rientrate in Italia per essere restituite alla famiglia, che ha sempre rivendicato il diritto a riavere il corpo di Giovanni insieme a una tomba su cui piangerlo, i suoi cari attendono di celebrarne i funerali. Nella lunga attesa, il Leoluca Orlando, a nome dall’amministrazione, si è fatto carico pubblicamente delle spese per il trasferimento della salma da Roma. Oggi, tuttavia, si scopre che la somma stanziata dal Comune non sarebbe sufficiente per il trasporto nel capoluogo siciliano.
«Il giudice di Roma ha dato il nulla osta per seppellire la salma di mio fratello già da una settimana – dice Daniele -. Solo che il Comune di Palermo ha stanziato la somma di duemila euro per il trasporto e il funerale. Soldi che non sono sufficienti per portarlo nel capoluogo e celebrare i funerali. L’amministrazione aveva detto che avrebbe pensato a tutto ed invece da una settimana mio fratello è ancora nel reparto di Medicina Legale dei Gemelli di Roma». Il risultato del dna ha confermato che si tratta proprio della salma del cooperante ucciso e ora il fratello pretende dal sindaco che rispetti la parola data: «Chiedo al sindaco Leoluca Orlando – aggiunge – di mantenere fede alle sue promesse e portare mio fratello a Palermo per consentire alla famiglia di dare l’ultimo saluto a Giovanni. Altrimenti ci penserò io a trasportare la salma».
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