Fuggiti i migranti del Palaspedini In 200 a piedi in direzione della stazione

Sono andati via dal Palaspedini, all’interno del quale si trovavano da martedì, i circa 200 migranti siriani e palestinesi giunti al porto di Catania dopo essere stati salvati in mare nella notte di lunedì. Il gruppo numeroso si trovava nella struttura comunale alle spalle dello stadio Cibali a causa del rifiuto del riconoscimento. «Li hanno fatti uscire i poliziotti verso le 12.30, non sono scappati», precisa uno dei parenti dei migranti che da qualche giorno presidiano l’esterno in attesa di riabbracciare i propri cari.

«La situazione già nella mattinata era strana», racconta Matteo Iannitti di Catania bene comune e membro della rete antirazzista che segue da vicino la vicenda. Secondo la versione a lui riportata da fonti delle forze dell’ordine, verso l’ora di pranzo donne e bambini si sono messi a protestare ad alta voce davanti l’ingresso che dà su piazza Spedini. «Per cercare di tranquillizzarli, hanno chiuso le porte e fatto entrare due funzionari che però si sono accorti che era un diversivo». Nel frattempo, infatti, alcuni uomini hanno smontato le porte del retro della struttura e sono andati via. «Alla fine sono rimasti solo tre-quattro nuclei familiari e hanno deciso di lasciarli». Tutto si è svolto senza che vi siano stati tensioni particolari, conclude Iannitti. Una versione che coincide con quella fornita dagli stessi migranti. «Mi hanno raccontato che non sono stati ostacolati mentre scavalcavano», conferma Sanaz Alishai, mediatrice culturale. Che aggiunge: «I poliziotti hanno portato i pasti direttamente nella moschea di piazza Cutelli».

Dopo lo svuotamento anomalo, per qualche verso simile a quanto accaduto al Palacannizzaro, la struttura adesso è vuota. Non ci sono più i panni appesi che era possibile intravedere dall’esterno, così come sono state tolte le transenne che impedivano l’accesso ai non autorizzati. Ma in molti, nella fretta di lasciare la palestra, hanno lasciato effetti personali e i preziosissimi passaporti. Qualche minuto dopo la fuga, in via Cesare Beccaria e nelle strade limitrofe si sono riversati i migranti in gruppi più o meno numerosi, tutti diretti verso la stazione centrale. «In piazza Lanza, una persona mi ha chiesto la strada per la stazione», racconta Alberto Surrentino. «Ho cercato di convincerlo che era troppo lontano. Solo dopo mi sono reso conto che potesse essere uno dei migranti del Palaspedini: ne aveva tutto l’aspetto, tratti mediorientali, inglese con pronuncia simile alla mia, trasandato e confuso».

Carmen Valisano

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