Da una parte la presentazione, in pompa magna a Palazzo degli elefanti, dei nuovi uffici di Frontex a Catania. Dall’altra i più di 260 migranti, arrivati a Catania con il pattugliatore svedese Poseidon, che hanno passato la notte al Palaspedini di Cibali. Sono le due facce dell’affaire immigrazione nel capoluogo etneo. Rispetto al quale, questa mattina, si è aperto un nuovo capitolo: quello in cui la città ospita quattro uomini mandati dall’Unione europea. Che coordineranno le attività di controllo delle frontiere nel Mediterraneo dai loro nuovi uffici al monastero di Sant’Anna.
Seicento metri quadrati e 13 stanze all’interno delle quali il personale di Frontex farà quella che Fabrice Leggeri, direttore esecutivo dell’operazione europea, definisce la «progettazione tattica». «Fino a questo momento, in Italia c’era solo un nostro funzionario, che lavorava vicino Roma – spiega Leggeri – Adesso c’è un nuovo team, qui a Catania, che si occuperà di collaborare con il funzionario che resta a Roma. E che coordinerà le nove squadre già presenti in tutta la Sicilia». A sentire il vertice dell’agenzia Ue, «questo è un nuovo grande passo avanti, un nuovo inizio anche per Frontex». «Spesso ci siamo sentiti soli davanti a un problema più grande di noi», dice il primo cittadino Enzo Bianco. «Rimarremo qui tutto il tempo che sarà necessario», replica Fabrice Leggeri.
Sono 18 le nuove imbarcazioni che l’Europa ha inviato nel Mediterraneo con l’obiettivo di rafforzare il controllo dei confini nazionali. A questi vanno aggiunti elicotteri, aerei e nuove forze di terra. «Perché Frontex salva vite umane», interviene il prefetto e direttore della polizia delle frontiere Giovanni Pinto. «Questo lo dico per evitare fraintendimenti: non ci siamo mai tirati indietro di fronte alla necessità di soccorrere i barconi in mare – prosegue – Andando anche al di là del mandato proprio dell’operazione. La collaborazione con le forze dell’ordine, inoltre, è costante – sostiene – Non dimentichiamo che le testimonianze dei migranti giocano un ruolo fondamentale nell’individuazione delle organizzazioni criminali che trafficano esseri umani».
Domani, intanto, partirà la missione EuNavfor Med con l’obiettivo di bloccare e affondare i barconi prima che partano dalle coste libiche. «Come in tutte queste cose – conclude il prefetto Pinto – l’operazione partirà in sordina e si affinerà più avanti». Nel frattempo, però, gli sbarchi continuano. E il porto di Catania è centrale nell’accoglienza dei migranti.
Solo ieri sono arrivate 497 persone. E circa 266 di loro sono stati trasferiti nel palazzetto sportivo di piazza Spedini. «Si è trattato di una soluzione di emergenza», si giustifica la prefetta etnea, Maria Guia Federico. La Rete antirazzista catanese ha parlato di «pessima accoglienza» con «porte d’accesso chiuse nonostante il caldo insopportabile» e pasti che non sono bastati per tutti. «Quei migranti erano già stati assegnati a strutture d’accoglienza del Nord Italia, ma gli autobus non erano disponibili in tempo – afferma Federico – L’alternativa era lasciarli nella banchina del porto. Invece al Palaspedini avevano almeno a disposizione un tetto e dei servizi igienici».
In ogni caso, ribadisce Maria Guia Federico, «quel palazzetto non è destinato a diventare un centro di prima accoglienza e non viene considerato come tale. Ci sembrava più umano far trascorrere una notte protetta a queste persone». E a chi critica il suo operato risponde: «Provassero loro a trovare delle soluzioni».
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