Frodi da dieci milioni passando per Londra e Croazia Nella rete fiscalista delle operazioni di Mafia capitale

Frodavano il fisco, «drogando il mercato», attraverso un complesso meccanismo che avrebbe avuto come registi tre volti noti delle cronache giudiziarie. Da un lato alcune famiglie imprenditoriali catanesi e dall’altro alcuni colletti bianchi specializzati in diritto e fiscalità internazionale. Tutto con destinazione Londra e Zagabria. Inghilterra e Croazia sarebbero stati gli Stati in cui venivano trasferite le sedi di una moltitudine di società italiane. Espediente, secondo i militari della guardia di finanza del nucleo economico-finanziario, per fare perdere le tracce degli effettivi proprietari che in realtà avrebbero continuato a operare in Italia attraverso nuove aziende affidate a prestanome. Dietro tutto questo ci sarebbe stato l’avvocato civilista etneo Mariolino Leonardi, oggi finito in manette nell’ambito dell’operazione London window. Per gli inquirenti i riferimenti in questo schema di operazioni societarie erano Fabio Castaldi e Mario Bariggi. Il primo referente del gruppo a Londra e il secondo operativo in Croazia. Con loro, stando alle accuse, avrebbe collaborato anche i commercialisti Giuseppe Bentivegna e Salvatore Falgares.

Ci sono poi una lunga lista di beneficiari. Ovvero coloro che, secondo l’accusa, erano tra gli ingranaggi di questo sistema che avrebbe fatto resuscitare società ormai bollite. «In un solo anno di indagini abbiamo conteggiato dieci milioni di euro di guadagni illeciti, di cui almeno quattro sottratti alle casse del fisco», spiega in conferenza stampa il generale Cecere Quintavalle. Nel settore della ristorazione emergono i nomi dell’imprenditrice Sebastiana Alescio, il genero Daniele Romano e la figlia Monia Incardona. Tutti destinatari, per un anno, del divieto di esercitare imprese e uffici direttivi «per le ipotesi di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio». Tra il 2013 e il 2015, secondo l’accusa, dopo avere contratto debiti per due milioni di euro con l’erario decidevano di trasferire la sede a Londra cancellando dal registro delle imprese italiane quella pesantemente indebitata. Nello stesso tempo avrebbero affittato un ramo d’azienda a una nuova società per continuare a operare in Italia senza il rischio di essere sottoposti a procedure fallimentari. 

A essere accusato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte c’è anche l’imprenditore Carmelo Belfiore. Attivo nel settore delle costruzioni edilizie con la sua Europa 2000 costruzioni. Pure in questa vicenda davanti a un debito di circa due milioni di euro il gruppo avrebbe provato di fare confluire la società in un nuova realtà sana. Passando per il trasferimento della sede a Londra con la Pierros. In Croazia sarebbe sbarcato invece Antonio Pardo, amministratore della Martina srl, e, successivamente, nel Paese balcanico della Urbanistika JDOO. Secondo l’accusa l’imprenditore avrebbe trasferito a titolo gratuito il patrimonio della prima società alla seconda, che avrebbe continuato a operare sul mercato italiano. Ultima vicenda è quella che coinvolge la famiglia Mascali: Anna, Salvatore e Antonio. Tutti destinatari del divieto temporaneo di esercitare impresa o occupare ruoli direttivi con l’ipotesi di «autoriciclaggio, riciclaggio e sottrazione fraudolente». Le loro società – Lavanderia automatica industriale catanese, Laic e Medilav – si sarebbero rivolti all’avvocato Leonardi per il trasferimento delle società a Londra e una successiva fusione per incorporazione nella croata M.A. Management Doo. Successivamente con una nuova azienda, la MAS, dal 2012 avrebbero continuato a occuparsi di lavaggio industriale utilizzando gli stessi macchinari e impiegando la stessa forza lavoro, ovvero circa 70 dipendenti.

Con il lavoro dei magistrati etnei torna sotto i riflettori l’avvocato civilista Leonardi. Già sospeso dalla sua attività professionale per un anno a febbraio 2012, quando a indagarlo era stata la guardia di finanza di Torino. Anche in quel caso lo schema ricostruito dall’accusa poneva l’accento su un presunto concorso in bancarotta fraudolenta dietro una società della provincia di Milano. La cui sede, per schermarne la riconducibilità agli effettivi titolari, sarebbe stata trasferita negli Emirati Arabi Uniti. Nella cerchia di professionisti finiti nei guai con l’operazione London window c’è anche Fabio Castaldi. Romano di nascita ma di base a Londra, finito anche nelle carte dell’operazione Mafia Capitale sul cosiddetto mondo di mezzo e gli affari di Massimo Carminati. L’estremista di destra avrebbe avuto in mente di investire parte dei ricavi dell’attività criminale proprio in Inghilterra. Castaldi viene definito dagli inquirenti nelle carte dell’inchiesta «esperto di diritto e fiscalità internazionale». All’epoca di questi fatti amministratore e rappresentante legale di 95 società. Sempre a lui si sarebbe rivolto l’imprenditore pluripregiudicato Pasquale Capano. Calabrese residente a Roma che secondo i magistrati avrebbe avuto rapporti non solo con la ‘ndrangheta, ma anche con la banda della Magliana e il clan dei Casamonica. 

Il modus operandi di cui è accusato Castaldi, ossia quello di impacchettare vestiti stranieri per imprese italiane, era emerso anche nel 2016 nell’operazione Round trip del comando provinciale della guardia di finanza di Vicenza. Anche in quel caso lo schema ricostruito dagli inquirenti faceva emergere una presunta maxi frode per un valore di quasi un miliardo di euro. Nelle carte dell’inchiesta portata a termine oggi emergono anche i particolari di alcune intercettazioni telefoniche e telematiche. Conversazioni ma anche scambi di email in cui Leonardi non si sarebbe fatto troppi problemi a illustrare lo schema che il gruppo aveva ideato. «Fatta la fusione – diceva – cancello l’azienda dal registro delle imprese. L’ho sottratta alla legge italiana e nessuno la potrà cercare».

Dario De Luca

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