«Un articolato sistema di frode finalizzato ad ottenere fondi pubblici nel settore del turismo». È quello scoperto dai finanzieri del comando provinciale di Messina che hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare personale e reale, emessa dal gip del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, e notificato a tre imprenditori l’interdizione dall’esercizio dell’attività di impresa e professionale per un anno. Sequestrati anche beni e denaro per un valore di 135 mila euro.
Le indagini, coordinate dal procuratore capo Emanuele Crescenti e dalla sostituta Veronica De Toni, si sono concentrate su una società di Portorosa attiva nel settore turistico-marittimo e che aveva richiesto ed ottenuto un finanziamento agevolato di 134.959 euro. La società, sottolineano gli investigatori «risultava priva di qualsiasi struttura logistica e predisposta al solo fine di accedere alle linee di credito destinate a sostenere lo sviluppo di piccole attività imprenditoriali ad opera di disoccupati o persone in cerca della prima occupazione: agevolazioni finanziarie consistenti in contributi a fondo perduto e mutui a tasso agevolato, gestiti dalla società pubblica Invitalia».
In particolare, i tre imprenditori destinatari della misura interdittiva avrebbero, tramite questa società, presentato un progetto d’investimento finalizzato al «noleggio imbarcazioni con skipper o senza skipper, gite turistiche ed escursioni giornaliere con skipper», da sottoporre al vaglio dei funzionari di Invitalia. Per dimostrare l’effettività dell’investimento, i tre avrebbero falsificato l’autorizzazione di agibilità di un immobile falsificando il logo del Comune di Furnari e producendo un falso contratto di locazione.
I fondi illecitamente acquisiti venivano utilizzati per l’acquisto di cinque imbarcazioni di diverse dimensioni, concesse in affitto ad un’altra impresa, in violazione degli obblighi scaturenti dai termini contrattuali convenuti con Invitalia. Una struttura «ben organizzata e programmata con elementi propri di una certa professionalità», sottolinea il gip che definisce la società oggetto di indagine «un mero strumento nelle mani degli indagati per ottenere il finanziamento a fondo perduto».
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