Un ragazzino disteso a terra, donne che urlano «He’s a child, he’s a child (E’ solo un bambino)», i migranti siriani che fronteggiano la polizia al grido di «Freedom, freedom (libertà)» e che chiedono a gran voce, in un unico coro, assistenza legale e l’intervento di Human rights watch, l’organizzazione non governativa internazionale in difesa dei diritti umani. Eccole le prime immagini che filtrano dal Palacannizzaro, dove il 18 settembre sono stati portati un centinaio di migranti approdati al porto di Catania. Da dodici giorni uomini, donne e bambini sono chiusi nella struttura. I video che vi proponiamo sono stati realizzati con uno smartphone da un migrante che è riuscito a scappare di notte, quando spesso qualche porta rimane misteriosamente aperta. Omar, nome di fantasia, ha custodito queste immagini sul suo cellulare, ha aspettato di essere al sicuro, fuori dall’Italia, vicino alla meta da raggiungere, comune a moltissimi siriani: la Svezia. Quindi, ieri, ha deciso di pubblicare i video su Youtube.
Poco o niente si sa di quello che sta succedendo all’interno del Palacannizzaro. Invano nei giorni scorsi la Rete antirazzista catanese ha organizzato presidi all’esterno della struttura e chiesto la liberazione dei migranti. Non si sa nemmeno quanti siriani siano ancora rimasti e quanti, invece, come Omar, siano riusciti ad evadere da quella che è diventata una prigione, sorvegliata 24 ore su 24 dalle forze dell’ordine.
Nel primo video si alza il grido preoccupato delle donne: «He’s a child». Il ragazzino a cui fanno riferimento si intravede solo per qualche momento, intorno al ventesimo secondo. E’ disteso a terra (in alto a sinistra nelle immagini), circondato da numerosi uomini, alcuni in divisa. Secondo alcune testimonianze raccolte da un’attivista in contatto con i siriani dentro il Palacannizzaro, si tratterebbe di un quindicenne che, avendo rifiutato di farsi identificare, sarebbe stato colpito da alcuni poliziotti.
Proprio l’identificazione è all’origine della lunga detenzione. I siriani si oppongono perché non vogliono chiedere asilo politico in Italia – come impone invece la legge internazionale che da gennaio, però, cambierà – bensì vorrebbero raggiungere parenti e connazionali nei Paesi del Nord Europa. Nel secondo video, un folto gruppo di migranti, al centro del campo urla, per quasi due minuti: «Human rights watch»; quindi chiede di parlare con gli avvocati – «We need a lowyer» -; infine le grida si trasformano in un unico coro: «Freedom». La libertà di cui da due settimane sono stati privati.
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