Sette anni e non c’è ancora la parola fine. Si tratta del cantiere lungo l’autostrada Messina-Catania, nel tratto di arteria sommerso dai detriti la notte tra il 4 e il 5 ottobre 2015. Circa 50mila metri cubi di terra, roccia e arbusti venuti giù da una collina che, solo per caso, non travolsero i mezzi in transito. Da allora è iniziata una lunga via crucis per il ripristino dell’arteria. Un percorso travagliato, ad essere riduttivi, che adesso, almeno stando alle comunicazioni ufficiali, potrebbe riprendere dopo «le recenti interlocuzioni tra Autostrade Siciliane, Protezione civile regionale e l’ufficio regionale per il Dissesto Idrogeologico», si legge in una nota stampa inviata dalla società partecipata che ha in gestione l’autostrada. «È emerso – continua la nota – che dalla prossima settimana sarà possibile riavviare i lavori. Pronta la calotta della nuova galleria – di circa 140 metri -, con l’approvazione alla variante del progetto appena giunta dalla commissione regionale lavori pubblici, dai primi giorni della prossima settimana si procederà immediatamente con l’avvio dei successivi interventi che si concentreranno nella realizzazione di un ulteriore muro di rinforzo, nella sistemazione del pendio collinare e si concluderanno infine con la posa dell’asfalto e l’installazione dell’impianto di illuminazione». Stando a quanto emerso l’autostrada potrebbe tornare a essere regolarmente percorribile a partire dal periodo estivo.
I lavori vennero appalti, dalla Protezione civile, nell’ormai lontano 2015. Un bando da 15 milioni di euro che prevedeva la messa in sicurezza del versante e la realizzazione di due gallerie entro il 2017. Contestualmente alla frana vennero notificati dai carabinieri di Messina diversi avvisi di garanzia con l’accusa è di disastro ambientale in concorso e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. I guai giudiziari però non si sono arenati. Poco dopo anche gli interventi tampone per consentire il transito finirono sotto la lente d’ingrandimento della procura. Ombre anche dopo che nei guai finirono i costruttori Sgromo, i fratelli Eugenio e Sebastiano, vincitori dell’appalto nel 2019 in un raggruppamento temporaneo di imprese con la catanese Cospin.
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