A barzelletta finiu. Non è una battuta di piazza, ma lamara convinzione che assale losservatore. Ci ritroviamo, con ogni probabilità, di fronte allennesima vetrinetta per manichini. La perfetta scenografia per la messa in scena dellopera dei pupi, magistralmente governata da pupari, veri professionisti della politica.
Questa considerazione viene fuori dalla lettura della nota di convocazione, indirizzata a 33 soggetti pubblici e privati, dellotto marzo scorso, protocollo 1095/Gab e firmata dalla giovane assessore regionale alla Formazione professionale, Nelli Scilabra. La prima cosa che colpisce è il riferimento allistituzione, con decreto assessoriale n.9/Gab del 6 marzo scorso, del Tavolo tecnico istituzionale permanente sulla formazione professionale in Sicilia, il cui insediamento è previsto per il prossimo 15 marzo.
Motivo? Lo ritroviamo scorrendo la lettura della convocazione: strumento di partecipazione e sede di consultazione, per garantire la massima concertazione nel processo di riordino del settore per migliorarne la qualità e renderlo realmente aderente alle necessità del mondo del lavoro.
Belle parole. Ma, scusate, non esiste già un tavolo istituzionale permanente composto da oltre 30 soggetti pubblici e privati? Qualcuno ha avvisato la giovane e inesperta assessore regionale che esiste la Commissione regionale per limpiego (Cri)? Proprio cosi! Si tratta dellorgano consultivo istituzionale, quello sì, costituito non per atto amministrativo ma con legge regionale. Infatti, è larticolo 15 della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976 che ha introdotto il massimo consesso istituzionale in Sicilia quale strumento di partecipazione e di consultazione permanente.
Quindi? Che si tratti dellennesima duplicazione voluta per confondere le idee? Una sorta, cioè, di specchietto per le allodole? Una maniera, insomma, di tappare la bocca ai possibili mal di pancia di sindacati di categoria e datoriali stanchi dei continui rinvii a occasioni di confronto tecnico sulla riorganizzazione normativa e ammnistrativa del sistema formativo regionale? Sembrerebbe proprio questo lo scenario verosimile.
Una mossa, insomma, compiuta dal Governo regionale in risposta a certe prese di posizione, di qualche giorno fa, come quella degli Enti cattolici, che hanno infastidito i piani alti del Palazzo governativo. Soggetti, gli Enti cattolici, che erogano la formazione in obbligo scolastico e che, a causa dei ritardi nei pagamenti dellamministrazione regionale (16 mensilità maturate in favore dei lavoratori e non erogate) e delle lungaggini burocratiche (rendiconti Oif bloccati dal 2008 con polizze fideiussorie aggiuntive e costosissime per gli Enti formativi e non più rendicontabili) hanno minacciato nei giorni scorsi di chiudere le proprie sedi formative, cosa che comporterebbe il licenziamento di circa 2 mila lavoratori.
Non ha tardato ad arrivare la dichiarazione al vetriolo, nei giorni scorsi, del presidente Rosario Crocetta in ordine alla possibile chiusura al sistema formativo regionale del comparto dellobbligo scolastico erogato, per circa l80 per cento, proprio dagli Enti cattolici. Quali interessi si alimentano dietro questoperazione? Che riforma dobbiamo aspettarci?
Non è facile anticipare le prossime mosse dei suggeritori dellassessore Scilabra. Una cosa è certa: le premesse non fanno ben sperare sullesito della trattativa. Un confronto sottratto agli interlocutori istituzionali, sindacati dei lavoratori e associazioni degli Enti formativi e allargato al mondo delle Università e degli organismi datoriali rappresentativi di altri settori produttivi, fa pensare a tavolo dove si chiacchiera e basta. Non appare il metodo migliore per affrontare i problemi col piglio risolutore.
Speriamo di sbagliarci. A noi sembra più una maniera per spettacolarizzare il momento concertativo. Un confronto difficilmente sintetizzabile per la presenza di soggetti portatori di interessi contrapposti anche tra settori, pubblico e privato. Il mondo universitario presenta bassissimi esempi di buone pratiche nella creazione di opportunità di lavoro per i laureati. Le organizzazioni settoriali rappresentano un esempio di inefficienza nellutilizzo dello strumento della formazione professionale con percentuali bassissime di utilizzo dei fondi interprofessionali destinati allaggiornamento e qualificazione dei lavoratori.
Smettiamola con questi luoghi comuni che mirano a convincere lopinione pubblica che i corsi di formazione di base non servano a nessuno e che lunica ricetta sarebbe quella di far formare minori, giovani, adulti, licenziati, cassaintegrati e chi più ne ha più ne metta, agli Istituti professionali statali. I dati Isfol del dicembre 2012 hanno confermato, per esempio, che, in tema di formazione in obbligo scolastico, il sistema formativo regionale ha raggiunto i migliori risultati rispetto alla scuola pubblica, anche in ordine al costo unitario per allievo, abbassando il tasso di abbandono e aumentando il trend di iscrizioni da parte delle famiglie.
Non è possibile travisare la realtà, la formazione di base è attività istituzionale che la Regione siciliana deve erogare. E poi il diritto allo studio chi dovrebbe garantirlo, la scuola statale che registra una costante diminuzione di iscritti e con una pesante criticità costituita dallo stato delledilizia scolastica?
Nei giorni scorsi è crollata una parete allinterno del Liceo scientifico M. Cipolla di Castelvetrano e si è evitata la tragedia solo perché il fatto è accaduto di notte. Ed è uno dei tantissimi esempi di un sistema scolastico regionale che va rivisto partendo dalle infrastrutture e dal riordino della rete scolastica, possibilmente scevra dai recenti annacquamenti politico-clientelari. La riforma della formazione professionale è una cosa seria, auspichiamo che questo primo atto, molto simile per approccio a quello del precedente assessore al ramo, Mario Centorrino, non sia il preludio a un percorso fallimentare che oltre ad aggravare lo stato sociale del settore, rischia di configurarsi come lennesima presa per i fondelli.
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