Forma Sicilia chiede con fermezza il ritorno alla legge regionale 6 marzo 1976 n.24. E lo fa con una nota indirizzata al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta e con una manifestazione di protesta davanti Palazzo dOrleans, la sede della presidenza della Regione siciliana, programmata per i prossimi giorni.
Una posizione netta, quella che è emersa a conclusione del direttivo fiume di ieri (13 dicembre 2012) dove Forma Sicilia – lassociazione datoriale di Enti di formazione professionale che aderisce a Forma nazionale, vicina a propria volta alla Conferenza episcopale italiana – ha preso le distanze da Crocetta per le parole pesanti esplicitate, di recente, nei riguardi del settore della formazione professionale. Posizione irrigiditasi anche per effetto della mancanza di unoccasione di dialogo tra le parti. Nella lettera, Forma chiede espressamente un incontro per avviare una fase nuova di confronto “serio e costruttivo” sul sistema formativo coerentemente alle norme giuridiche e alle politiche che si intendono attivare nel prossimo futuro a garanzia del sistema formativo.
Cerchiamo di approfondire il contenuto della lettera che apre un fronte nuovo rispetto ai due anni di gestione fallimentare attuati dal dirigente generale pro tempo per lIstruzione e la Formazione professionale, Ludovico Albert. Il disappunto nei confronti del presidente della Regione trae origine da quanto affermato, di recente, da Crocetta sulla formazione professionale che riportiamo: “Sistema che vive nella frode, nella truffa e nell’appropriazione indebita di denaro pubblico con un intreccio politico affaristico che si chiama mafia”. (a sinistra, foto tratta da blog.ciofs-fp.org)
Parole pesanti, gettate a campo aperto che rischiano di colpire tutti indistintamente. A questo gioco Forma Sicilia non ci sta. Ma veniamo al contenuto della missiva.
In riferimento alle polemiche alimentate dallo scandalo parentopoli nella formazione professionale che hanno spinto il presidente della Regione siciliana ad approvare un disegno di legge ad hoc, Forma Sicilia chiede a Crocetta di voler verificare, con effetto immediato e senza bisogno di aspettare lapprovazione della legge allAssemblea regionale siciliana, la permanenza in capo agli enti finanziati dei requisiti previsti dall’art 4 lettera c) della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976. Riportiamo il passo dellarticolo 4: L’ Assessorato regionale del lavoro e della cooperazione attua i corsi e le altre iniziative formative avvalendosi: lettera c) degli enti giuridicamente riconosciuti o di fatto e delle loro relative forme associative, che abbiano per fine, senza scopo di lucro, la formazione professionale. I soggetti di cui alle precedenti lettere b) e c) devono avere svolto attività qualificata nel settore da almeno un triennio e possedere capacità tecniche ed adeguate strutture formative. Altro che società di capitali che ambiscono alla produzione di utili con le attività a valere sullavviso 20/2011!
Non finisce qui. Per dare lesempio, è partita la conta tra gli Enti dellassociazione Forma Sicilia. Infatti, la prima verifica è già partita proprio tra gli associati. Nella nota si dettano disposizioni volte allavvio della verifica tra gli Enti di precisi requisiti. Verifica che verrà attuata attraverso lacquisizione degli atti costitutivi e riguarderà il controllo circa la presenza dei requisiti previsti dal citato articolo 4 lettera c) della legge regionale 24/76. Gli associati, inoltre, relativamente agli scopi sociali, dovranno dimostrare che gli stessi siano attualmente coerenti con lo statuto sociale di Forma Sicilia. Messa al bando quindi lillusione di facili guadagni? Un atto di grande responsabilità? Così sembra.
Non viene risparmiata neanche la macchina amministrativa. Duro laffondo nei riguardi dellamministrazione attiva, dei dirigenti di servizio, dei funzionari dellamministrazione e, soprattutto, dei soggetti esterni responsabili dei servizi di assistenza tecnica, rendicontazione, certificazione, monitoraggio e controllo, fortemente voluti da Albert. E i costi di tali scelte? Nessuno sa fornire risposte. Uno stato di confusione amministrativa, quello tacciato nella nota da Forma Sicilia, che non facilita lo svolgimento regolare dellattività formativa ed amministrativa degli Enti gestori.
Il direttivo di Forma Sicilia difende con orgoglio la storia e la professionalità di tanti Enti associati a Forma che, da decenni, rappresentano il settore sociale. Un impegno costante, quotidiano e qualificato reso al servizio pubblico e che non ha altra utilità o lucro se non quella rispondente alla collettività ed in particolare al vantaggio concreto di chi non ha voce. Ed allora possiamo asserire che esce allo scoperto la più grande associazione datoriale della formazione professionale in Sicilia e lo fa con il botto. Chiedere al Presidente Crocetta il rispetto delle norme regionali e la loro applicazione significa due cose fondamentalmente. Il riconoscimento della attualità della legge regionale n.24/76 e successive modifiche ed integrazioni e la posizione antitetica rispetto al modello Albertiano e di larga parte del mondo sindacale, che ha partorito quel mostro chiamato avviso 20/2011.
Un modo per iniziare a ragionare in maniera costruttiva e positiva. La considerazione è figlia del rispetto delle regole e del riconoscimento del valore attribuito al quadro normativo regionale ancora oggi in vigore nella Regione siciliana. Uno schiaffo per tutti coloro che fino ad ieri ne hanno sbandierato linutilità e lillegittimità. Ebbene, è opportuno ricordare, non ci stancheremo mai di farlo, e lo facciamo senza tono polemico ma spinti dal coraggio della verità, che la legge regionale n.24/76 è legge ordinamentale in Sicilia. E legge che ha dato attuazione, cioè, allarticolo 14 dello Statuto siciliano, allegato alla Carta costituzionale. Insistere in maniera pervasiva e dispersiva della incostituzionalità della legge regionale 24/76 significa falsificare la realtà sia dal punto di vista giuridico che sostanziale. Ed ancora, ordinamentale significa che per abrogare la legge regionale n.24/76 non è sufficiente una scarna norma gettata di qua o di là, ma una legge vera e propria che salvi, comunque, i diritti quesiti con riferimento a tutto il personale assunto a seguito di regolare autorizzazione amministrativa.
Significa anche che si può cambiare la legge o abrogarla alle condizioni testé citate ma pur sempre nella certezza di dovere garantire ai lavoratori assunti, ed in possesso di regolare autorizzazione amministrativa, le stesse condizioni di favore pregresse, cioè quelle garantite dallimpianto normativo in essere. Ma poi è dal punto di vista sostanziale che la legge regionale 24/del 1976 si rivela generosa, ed allora appelliamoci allo spirito della norma che ha spinto il Legislatore, oltre trent’anni fa, ad introdurre un modello giuridico anticipando il resto d’Italia. Precisiamo anche, a chiarimento dei detrattori, che richiamarsi allo spirito di una norma non può voler dire “abbandoniamoci tutti al fervore nostalgico”. Ma semmai può significare sforzarsi a ragionare. Soprattutto ragionare in maniera costruttiva, ovvero parlare dei contenuti.
La legge regionale 24/del 1976 ha dato la possibilità’ di avviare una profonda trasformazione dellattività professionale ed una reale crescita del sistema nel suo complesso. Ha modificato, soprattutto, l’idea del servizio: dal semplice esercizio di abilità manuali, allo sviluppo delle capacità ragionative e di progettazione da parte dellutente. Uno strumento normativo che ha permesso di passare dalla fase di addestramento a quella della formazione globale della persona. Formazione è quindi possibilità di sentirsi protagonista, utile, attivo, abituandosi piano piano ad una autonomia che supera i pericoli dellassistenzialismo. e tutto cio’ l’amministrazione pubblica lo può’ garantire non con appalti di servizio ma solo con concessioni amministrative.
Le innovazioni avvengono sempre con gli strumenti adeguati. Le leggi si modificano con altre leggi di pari rango. E non possono che essere il precipitato logico di confronto, riflessione, dialogo sociale nel rispetto del principio maggioritario alla base dei sistemi democratici: quello della più’ ampia partecipazione. Le riforme non le fanno gli esperti, men che mai l’assistenza tecnica, ma i responsabili.
“L’azione va incontro all’insuccesso anche perché non di rado le conoscenze radunate con fervore di zelo non erano guidate da un filo conduttore. Non conosce chi cerca, bensì colui che sa cercare”. Ed a scriverlo è stato un grande tecnico, un grande uomo di Stato un piemontese: Luigi Einaudi. Fa specie che un potente tesserato del Pd non conosca il significato delle parole citate. E chiaro, quindi, che non può essere il soggetto privato a stabilire nuovi diritti in capo ai lavoratori.
LAvviso 20/2011 si rivela sempre più come uno strumento debole, frutto della voracità di qualche parte politico-sindacale che ha partorito un sistema di provvedimenti in aperto conflitto col quadro normativo esistente ed al quale oggi Forma Sicilia intende riancorarsi. Una presa di distanza chiara, netta che produrrà effetti certi. La partita è aperta. Avanti il prossimo.
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