Circa 180 dipendenti senza stipendio da 20 mesi e 700 giovani allievi a rischio. È quanto denunciano i lavoratori dell’Anfe – Associazione nazionale famiglie emigrati, ente di formazione che si occupa principalmente di formazione obbligatoria minorile – che stamattina sono saliti sul tetto della sede catanese di via Franchetti dal quale uno dei manifestanti ha minacciato il suicidio. Immediatamente sono accorsi i mezzi specializzati dei vigili del fuoco e sono scattate le misure di messa in sicurezza della strada, mandando presto in tilt il traffico. Una protesta simile a quella inscenata anche la scorsa settimana, nel corso della quale un altro dipendente aveva cercato di togliersi la vita, rientrata solo grazie alla promessa dell’assessore regionale Nelli Scilabra di avviare delle procedure urgenti per trovare una soluzione alla drammatica situazione. La struttura è una delle quattro finite nel mirino degli inquirenti nel corso delle indagini per una truffa da nove milioni di euro.
«Siamo esasperati – denuncia dal tetto di via Franchetti Salvo Saitta anche a nome dei compagni – Siamo indietro di 20 mensilità». «Non hanno versato nemmeno il tfr e non ci sono più le condizioni umane per lavorare», fa eco a distanza Alessandro Gullè, lavoratore della sede distaccata di Caltagirone. «Le nostre richieste sono quelle di semplici padri di famiglia ormai allo stremo». Ad aggravare ulteriormente la situazione, sostengono, è il silenzio delle istituzioni sulla vicenda. «La Regione fa orecchie da mercante e false promesse», afferma Gullè. Una delegazione di manifestanti ha raggiunto Palermo per un colloquio urgente con l’assessore Scilabra. «Alle 15.30 dovrebbe esserci un incontro, intanto abbiamo avuto rassicurazioni da parte di Michele Lacagnina, responsabile dell’area formazione dell’assessorato». Ma la protesta andrà avanti a oltranza, «non scenderemo da qui, dei colleghi resteranno anche stanotte», annuncia Saitta che spiega anche come sia partito l’appello ai lavoratori di altri enti a unirsi nel presidio.
Eppure, sostengono, il loro è un centro funzionante, «uno dei più grossi in Sicilia». Tra corsisti e assolvimento dell’obbligo formativo «seguiamo 700 allievi, molti provenienti da quartieri periferici, con situazioni disagiate e storie particolari», descrive Salvo Saitta. E, secondo alcune stime nazionali, «la percentuale di assunzione che raggiungiamo è dell’80 per cento». Rabbia e disperazione hanno convinto, in poco più di una settimana, due colleghi a minacciare di gettarsi dal quarto piano dello stabile in pieno centro. «Le banche non ci ricevono più, gli strozzini invece sì – conclude il lavoratore calatino – La sofferenza è finita, stiamo morendo».
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