Forconi: occupazione pacifica dei Comuni

“Bloccare le raffinerie? E’ vero, se n’è parlato. Ma non è questa la forma di protesta che abbiamo scelto. Anche perché non intendiamo creare disagi alla popolazione. Che è nostra alleata. A partire da lunedì cominceremo un’azione di sensibilizzazione in tutti i Comuni dell’Isola”.
A parlare è Franco Grupi, agricoltore, tra i leader della grande protesta di popolo. Dunque, niente blocco delle raffinerie. Almeno per ora. Anche perché è in corso una trattativa con il governo nazionale. Martedì è previsto un incontro con il capo del governo del nostro Paese, Mario Monti. E un altro incontro è previsto per il 10 febbraio.
I protagonisti del Movimento dei ‘Forconi’ non si fanno illusioni. Dal governo nazionale non c’è molto da aspettarsi. Ma a loro, in questa fase, interessa giocare una partita che è, contemporaneamente, popolare e politica. E’ popolare perché la protesta, grazie anche alla dabbenaggine politica del governo Monti – e grazie all’insipienza del governo regionale retto da Raffaele Lombardo – cresce di giorno in giorno. E coinvolge tante categorie di lavoratori che le tradizionali organizzazioni imprenditoriali non sanno più rappresentare. Ed è politica perché ci sarà da organizzare un movimento politico in grado di rappresentare le varie categorie che aderiscono alla protesta.
Ci sono gli agricoltori. Ci sono di nuovo i pescatori che, ‘fulminati’, per qualche giorno dalle promesse dell’assessore regionale, Elio D’Antrassi, hanno capito che, per loro, il futuro, non sta nelle piccole promesse, ma in risultati concreti che potranno essere ottenuti solo dopo una dura stagione di lotte sociali. Da qui la loro decisione di scendere di nuovo in piazza.
Ci sono tanti artigiani. Che non ne possono più di una burocrazia regionale soffocante e sempre più incomprensibile (quando non è direttamente tangentista). Le organizzazioni tradizionali fanno di tutto per tenerli buoni. Ma anche loro, con la crisi economica che si è scatenata, non ce la fanno più a tenersi gli iscritti. Perché le tasse, gli iscritti, le devono pagare. E se non le pagano, arriva la Serit con le cartelle esattoriali. Nessuno acquista più i loro prodotti. Perché sono pochi, in Sicilia, quelli che oggi hanno ancora soldi in tasca. E chi ha i soldi in tasca, oggi, se li tiene stretti. Quella che gli economisti chiamano “la domanda al consumo”, in Sicilia è ormai in caduta libera. I negozi sono vuoti. Si risparmia pure sui prodotti alimentari. Sembra di essere in guerra.
Tengono forse le organizzazioni dei commercianti. A cominciare dalla Cidec. Forse perché sono state le uniche organizzazioni a chiedere di bloccare la ‘calata’ della grande distribuzione organizzata. In combutta con l’attuale politica regionale, e in particolare con il governo Lombardo (nella provincia di Catania – la provincia dell’attuale presidente della Regione, la grande distribuzione organizzata ha già mandato sul lastrico un’infinità di piccoli negozi commerciali-artigianali), la grande distribuzione organizzata distrugge i piccoli esercizi commerciali, impone prodotti spesso scadenti e a prezzi di monopolio, garantendo ai pochi lavoratori solo contratti-capestro, spesso sotto gli occhi ‘distratti’ dei sindacati (qualche volta collusi).
Non a caso Franco Grupi individua nella grande distribuzione organizzata uno dei grandi problemi della Sicilia odierna. Che certezza hanno, oggi, i consumatori siciliani di acquistare frutta, verdura e ortaggi della nostra agricoltura? Nessuna. Anche perché non esistono controlli seri sui prodotti agricoli che arrivano dalla Cina, da alcuni Paesi asiatici e dal Nord Africa. Luoghi dove l’agricoltura va avanti con pesticidi – per esempio, il ‘famigerato’ ddt e, in generale, i cloroderivati – che il nostro Paese ha bandito da decenni perché dannosi per la salute umana.
Il Movimento dei Forconi, in questi giorni di ‘calma’ si è organizzato. Gli ‘avversari’ sono già stati identificati. E il primo avversario è la politica siciliana personificata dall’attuale governo regionale. “Basta con questa politica – ci dice Grupi -. Ne va di mezzo la nostra dignità”. E basta anche con le cartelle esattoriali. Non si esclude, infatti, un’occupazione pacifica delle sedi delle Agenzie delle Entrate.
Protesta e rivolta. Ma senza violenza. Puntando, al contrario, sulla forza degli argomenti. Non a caso, a partire dalla prossima settimana, partirà una grande raccolta di firme i tutta la Sicilia. “Siamo tanti – ci dice ancora Grupi – in una pagina Facebook contiano oltre seicentomila adesioni. Agricoltori, pescatori, artigiani anche piccoli commercianti. E abbiamo tanti allati. In Italia e all’estero. Piano piano cambieremo la Sicilia”.
E gli autotrasportatori? Quelli vanno e vengono, come i loro Tir. C’è da prenderli con le molle. Perché funzionano a seconda di come si svegliano. Una mattina sono ‘rivoluzionari’. Il giorno dopo diventano governativi. Nel complesso – ormai il loro gioco ‘è stato ‘sgamato’ – sembrano più governativi che ‘rivoluzionari’. Per carità, ci sono quelli non governativi. Ma i ‘capi’, come dire?, sono un po’ troppo ondivaghi.
E allora? E allora via con i presidi nei Comuni. E via con l’organizzazione politica. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, sono già tredici i movimenti e le associazioni che hanno aderito al cartello’ dei ‘Forconi’. Il presidente Lombardo, con i suoi giochi di prestigio – un assessore di qua, un dirigente generale di là – non incanta più nessuno.

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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