«La mafia all’interno dello sciopero degli autotrasportatori? Sicuramente. Cosa Nostra è presente dovunque ci siano interessi. Ma non è questo il lato oscuro della protesta». Salvatore Lupo, docente di Storia all’università di Palermo e storico del fenomeno mafioso, non ha dubbi: la mafia potrebbe essersi insediata tra le fila degli agricoltori e degli autotrasportatori di Forconi e Forza d’urto che da lunedì scorso hanno bloccato l’intera Sicilia. «Ci sono dei gruppi di interesse vicini ad ambiti di pressione economica agricola o imprenditoriale che possono avere dei legami con ambienti mafiosi. E’ normale, perché la mafia segue questo tipo di interessi». Ma, secondo lo storico, le presunte infiltrazioni criminali all’interno delle manifestazioni non sarebbero l’unico allarme a cui gridare: «Se l’economia di una regione viene messa in ginocchio da una serie di gruppi di pressione economica, non è tanto importante che si insinui la mafia. Se così fosse, la situazione potrebbe essere ancora più grave, ma è un fenomeno gravissimo già di suo – afferma il docente – Se l’unico problema che ci poniamo è se ci siano i mafiosi o no, siamo ridotti male».
A segnalare il pericolo è stato il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, il quale – attraverso un comunicato diffuso insieme alle altre associazioni dimprese siciliane – ha espresso «preoccupazione per gli atti di intimidazione messi in atto nei confronti di imprenditori in numerosi centri», segnalando anche «tentativi di infiltrazioni e strumentalizzazioni criminali». Nei giorni scorsi, infatti, sono state parecchie le segnalazioni di minacce subite da commercianti di piccoli centri della Sicilia costretti dagli amici degli amici a rimanere chiusi. Il caso più eclatante pare essere quello di Lentini, nel siracusano.
Lo Bello sottolinea la somiglianza tra questa vicenda e altri fatti simili, avvenuti in Sicilia all’inizio degli anni duemila. Anche alcuni personaggi sarebbero gli stessi, dice, e riconducibili agli ambienti di Cosa Nostra. I nomi, però, si riserva di farli solo alla magistratura. «Questo non significa che vogliamo colpevolizzare tutti i partecipanti alla manifestazione – ha detto il presidente di Confindustria Sicilia – ma non condividiamo i metodi della protesta». «Può anche darsi che il presidente Lo Bello abbia elementi di questo tipo, ma pare che finora il massimo rappresentante dell’economia siciliana si sia preoccupato solo della mafia. Nessuno sembra interessarsi realmente al blocco della produzione in Sicilia, come se a noi la ricchezza calasse dal cielo» risponde il professore Lupo, denunciando il mancato interesse di industriali e politica per i «veri problemi causati dai blocchi, nascosti dietro allo spauracchio della mafia».
Alle accusa di Confindustria Sicilia, Forza d’urto risponde parlando di denunce generiche e invitando gli industriali siciliani ad agire: «Se contribuissero a questa lotta, il livello non potrebbe che innalzarsi in tutti i sensi. Diventerebbe la lotta di tutti, con contenuti e valenza ancora superiori» si legge nel comunicato di replica. «Forza d’urto in questa protesta – prosegue il comitato – non ha mosso un passo se non dopo averlo coordinato con le forze dell’ordine proprio per evitare che qualcosa di estraneo si inserisca in quelle che sono semplicemente le legittime richieste della gente. Confindustria Sicilia – conclude il documento – ha fatto tanto nella lotta antimafia, ma la sua azione nel rivendicare i diritti dei siciliani non è stata altrettanto incisiva».
Anche secondo il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso «non c’è dubbio che in realtà complesse e in territori dove c’è da sempre una presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso è possibile che questi fenomeni ci siano – spiega – Però vanno accertati con rigore e severità», soprattutto per quanto riguarda gli interessi mafiosi nell’ambito della filiera agroalimentare siciliana.
«Ho visto di tutto, ma non mi è sembrato di vedere criminali» è invece il commento di Pino Aprile, autore di Terroni e Giù a Sud, secondo cui blocchi e rivendicazioni verrebbero più dalla «disperazione» degli agricoltori, costretti ad affrontare costi alti e concorrenza spietata. Oltre alla crisi, il costo dei carburanti troppo alto in Sicilia, nonostante la presenza sul territorio delle raffinerie.
[Foto di kalamun]
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