Fontanarossa, la denuncia dell’ex dipendente «Aeroporto in stato di abbandono»

«Fontanarossa è in totale stato di abbandono sia dal punto di vista dell’handling che della gestione del terminal». È il duro giudizio di un ex rampista all’aeroporto di Catania, che preferisce restare anonimo. Ci ha lavorato per sette anni, prima come dipendente precario Alitalia e dal 2010 come dipendente – sempre precario – della Katane Handling. Il ruolo è quello di colui che supervisiona le operazioni sottobordo, organizza l’imbarco dei passeggeri e si occupa di tutto quello che serve per l’assistenza all’aereo da quando arriva fino al successivo decollo, e perciò sa di cosa parla. Per lui tutte le osservazioni contenute nella lettera pubblicata su CTzen qualche giorno in cui un lettore elencava le inefficienze dello scalo etneo sono vere. La responsabilità sarebbe della società di handling, partecipata per il 51 per cento da Sac e per il 49 per cento da GH (ex gestore dei voli Wind Jet), che «ha deciso di risparmiare sul personale», denuncia.

Assunto come dipendente Alitalia sette anni fa, nel 2010, quando l’ex compagnia di bandiera ha deciso di esternalizzare i servizi di handling, è stato ceduto insieme a 138 colleghi, di cui una cinquantina – compreso lui – ancora precari, a Sac (gestore dei voli charter) che con GH ha creato prima il consorzio Saga e poi la KH Handling (Katane Handling). Da allora la sua condizione lavorativa e il servizio sono molto cambiati. «Con Alitalia lavoravamo 10 mesi su 12, dopo la cessione i contratti sono stati sempre più corti», dice il rampista che nel 2012 ha lavorato solo cinque mesi. «Dopo i problemi con la Wind Jet hanno cominciato a lasciare le persone a casa», racconta. Per questo da circa un mese lavora a Linate. «Sono stato costretto a trasferirmi», sottolinea.

Sulle problematiche che caratterizzano lo scalo etneo ha le idee chiare. «Purtroppo per far partire un aereo ci vogliono le persone – afferma – L’azienda di handling per dare un buon servizio deve avere un numero sufficiente di dipendenti, non con il minimo indispensabile o addirittura giocare al ribasso». Di questo accusa la società etnea che si occupa dell’assistenza al volo: di «operare con poco personale a discapito del servizio da dare al cliente e alle compagnie». «Se c’è una sola squadra ed è impegnata a scaricare un aereo – spiega – non può occuparsi di altro, quindi è logico che i bagagli del secondo aereo arriveranno dopo un’ora. E la mattina è normale ritardare la partenza – aggiunge – se ancora si devono svuotare le toilette e caricare l’acqua potabile, perché di notte non si è avuto il tempo di farlo e quei quattro operai hanno dovuto pulire tutti gli aerei parcheggiati a Catania». Situazioni che – secondo l’ex dipendente – a Fontanarossa sarebbero all’ordine del giorno.

«Il risultato è che si cerca sempre di rattoppare buchi a destra e a sinistra», afferma l’ex addetto alla rampa. «Quando il mio turno iniziava alle 12 – racconta – era prassi assegnarmi un volo che atterrava alla stessa ora, e così non avevo neanche il tempo di arrivare in ufficio che già alle 12 meno dieci mi telefonavano per chiedermi se ero in aeroporto perché l’aereo era già arrivato». «Da qui cominciano i problemi della qualità», dice, perché quello del rampista è un lavoro fatto di incastri e si deve essere preparati. «Bisogna avere il tempo di controllare i dettagli del volo – spiega – se ci sono disabili, minori non accompagnati. Invece, se arrivi già sotto l’aereo e trovi varie sorprese che non riesci a gestire, la situazione diventa problematica».

Secondo il giovane, a Fontanarossa si lavora sempre «in emergenza, senza serenità, senza qualità». E per di più da precari. «Da precario non puoi permetterti nulla, – dice – né ferie né malattie. Sei sempre ricattabile. E se ti chiedono di lavorare per 12, 14 ore, lo fai perché poi devi essere sottoposto a schede valutative. Dopo sette anni che faccio questo lavoro – osserva con disappunto – c’è ancora qualcuno che valuta se sono disponibile o meno, se non mi lamento di lavorare 14 ore, sei giorni su sette».

Quello che gli fa più rabbia è che adesso dietro i banchi verdi Alitalia non c’è seduto nessuno del personale ex Alitalia, ma gente che lavorava con Wind Jet o comunque con compagnie con altre caratteristiche, «per questo spesso non in grado di affrontare i diversi problemi  che possono verificarsi», afferma. «Per esempio – spiega – dovrebbero essere capaci di riproteggere i passeggeri che devono fare transito, se un volo Alitalia è in ritardo o cancellato, e se io come ex dipendente viaggio con un biglietto aperto non dovrebbero stare tre ore a capire quale codice inserire nel terminale». Secondo lui, dipende dal fatto che «non vengono formati, in Alitalia invece la formazione era continua», dice. «Noi siamo a casa mentre l’ultimo arrivato – denuncia – è dietro il banco e si preferisce chi non ha alcuna formazione a uno come me che ha tutte le certificazioni Alitalia». Tutte cose che ha detto e fatto notare ai suoi superiori. «Mi hanno risposto – rivela – che è inutile lamentarsi, che io sono troppo attento ai dettagli. Alla fine il problema sono io che sono troppo pesante e preciso, e invece è meglio raffazzonare come fanno loro».

Raffazzonare per risparmiare, come succede con gli autobus. «La Sac chiede più soldi rispetto ad altri gestori per l’uso dei finger e quindi la società di handling cerca di risparmiare usando le navette – fa notare il rampista – Ma come si fa se gli autobus sono guasti e se ci sono pochi autisti? Tante volte capita, specialmente la sera, che i passeggeri restino ad aspettare dentro l’aereo perché non ci sono autobus disponibili. O altre volte – aggiunge – aspettano perché non ci sono scale da attaccare all’aereo, perché mancano gli operai che magari stanno scaricando bagagli da un’altra parte».

Anche dal lato gestione non va meglio. E la cattiva manutenzione della struttura a un addetto ai lavori salta all’occhio. «Sembrerà – dice – una cosa da poco ma le vetrate sono sporchissime, piene di fuliggine, così come i finger che hanno le tettoie oscurate per la sporcizia». Mentre in aeroporti come quello di Londra, simile come struttura per la presenza di vetrate e acciaio a quello etneo, ogni settimana si monta un’impalcatura per pulire i vetri, «a Catania non sono mai stati puliti dacché esistono», afferma l’ex dipendente.

«E si mettono a dire che, siccome la Wind Jet è fallita e loro aspettano soldi, la colpa è della Wind Jet. Invece – confessa – gli aerei della Wind Jet la mattina partivano in ritardo perché c’erano tante mancanze nostre».

Per lui la soluzione per l’aeroporto di Catania è che lo prenda in gestione «un’azienda seria». «Che l’aereo sia pieno o meno – spiega – il servizio di handling viene comunque pagato dalle compagnie ed ha un costo che va dagli 850 ai 1100 euro ad aereo. In un giorno si gestiscono anche 50 voli guadagnando in media 50mila euro. Eppure la Katane Handling piange tanto miseria, ma è un srl che paga dirigenti con stipendi di 90mila euro. Mentre – aggiunge – a noi ci fanno lavorare cinque mesi l’anno e quando ci lamentiamo ci rispondono che tanto c’è il sussidio per la disoccupazione. E chi come me non lo può ricevere, è costretto ad andare via». «E i sindacati – dichiara l’ex addetto allo scalo etneo – mi dispiace dirlo vanno a braccetto con l’azienda, che preferisce lavorare con contratti a quattro ore, anche se in realtà lavori per otto e più ore». Per lui i vertici aziendali sono riusciti ad ottenere «la situazione ottimale: facendo contratti per pochi mesi a più persone – afferma – fanno favori a più gente, cosa che torna utile al momento delle elezioni».

Dalla società, però, respingono ogni accusa. «Non è assolutamente vero che si lavori con poco personale e non ci sono i tempi di attesa esagerati di cui si parla», afferma il direttore generale della Sac Renato Serrano. Per i vertici aziendali, quindi, non si lavora in emergenza. «La parola emergenza per noi non esiste, è un termine che segnala un fatto preoccupante che non può essere utilizzato riferendosi all’aeroporto», obietta il direttore.  Sulla poca preparazione degli addetti al banco, di cui spesso si lamentano i passeggeri, ribatte che «il personale segue regolarmente i corsi previsti». E riguardo all’uso delle navette, Serrano afferma che «sono le compagnie aeree che decidono se andare al finger o usare l’autobus» e i prezzi non inciderebbero.  Per lui, inoltre, «è assolutamente falso» che l’azienda approfitti della condizione di precariato dei suoi dipendenti con contratti di pochi mesi e richieste di lunghi turni e sacrifici.

[Foto di Rosalba & Helen]

Agata Pasqualino

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