Floridia, l’uscente Scalorino si ricandida per il bis «Qualcuno dei miei avversari è impresentabile»

Consigliere comunale per dieci anni e sindaco negli ultimi cinque, Orazio Scalorino corre di nuovo per la poltrona di primo cittadino di Floridia. L’avvocato, classe 1975, durante la tornata elettorale del maggio 2012, ha vinto il ballottaggio contro il candidato di Primavera Floridiana, Emanuele Faraci. Sin dal primo giorno, però, ha guidato la città senza maggioranza in consiglio comunale. Adesso ci riprova sostenuto da tre liste di centrosinistra e con quasi tutti gli ex assessori ricandidati. Sostenuto anche da Enzo Bianco. 

Perché ha scelto di ricandidarsi a sindaco?
«Perché ho un obbligo morale nei confronti della mia città, perché devo portare a compimento una serie di progetti che già sono stati finanziati e sono in cantiere, fra cui la ristrutturazione del campo sportivo e la riapertura dell’asilo nido. Ma soprattutto perché ho ancora tanta volontà di fare per la mia città».

Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?

«Noi non partiamo da zero, ma dai problemi che conosciamo e dalle soluzioni a cui abbiamo già pensato. In primo piano, c’è il nuovo piano per la gestione rifiuti che prevederà l’eliminazione di tutti i cassonetti, la raccolta porta a porta, la realizzazione di cinque isole ecologiche, la privatizzazione del centro comunale di raccolta gestito dalla stessa ditta che gestirà la raccolta dei rifiuti, per raggiungere il 65 per cento come previsto dalla legge. La seconda cosa che farò immediatamente sarà l’approvazione del bilancio. Terza cosa sarà l’adozione di un nuovo piano di protezione civile all’avanguardia. Poi mi impegnerò per le scuole, per la manutenzione di alcune parti della città e per la realizzazione di uno stallo sanitario per i cani randagi».

Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
«Io non mi ispiro a una persona ma agli ideali della socialdemocrazia, di solidarietà e a tutti quei valori forti che hanno forgiato la cultura del centrosinistra europeo. C’è una frase importante del presidente Kennedy che mi è sempre rimasta impressa nel mio modo di fare politica: “Non pensare a quello che l’America deve fare per te, ma pensa piuttosto a quello che tu puoi fare per l’America”».

In caso di ballottaggio, con chi si alleerebbe eventualmente nel secondo turno?
«A parte qualcuno dei miei avversari, di cui non farò il nome, che è davvero una persona impresentabile perché è inadeguato strutturalmente non avendo le precondizioni culturali, professionali e morali per fare l’amministratore di una città, la maggior parte li considero delle brave persone e anche se partiamo da punti di vista differenti credo che potremmo condividere un percorso amministrativo per la città».

Qual è l’avversario che teme di più? 
«Non temo nessuno, pur stimandoli quasi tutti».

Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
«Il difetto è stato di non aver avuto una maggioranza in consiglio comunale, cosa che non mi ha consentito di poter attuare in maniera complessiva il mio programma e di poter lavorare serenamente. Il pregio è stata la squadra di professionisti che ha collaborato con me».

Se la eleggessero di nuovo, cambierebbe qualcosa rispetto a come ha governato la città nei cinque anni precedenti?
«Sicuramente sì, se avessi la maggioranza in consiglio comunale darei un’impostazione diversa al lavoro perché potrei lavorare più serenamente. Partirei da un dialogo più costruttivo e una maggiore collaborazione che poi si trasforma in una coesione istituzionale».

Teme di dover guidare ancora senza maggioranza?
«Non è un timore che mi accompagna perché le mie liste sono formate da persone che riuscirebbero a garantirmi un rapporto fiduciario dall’inizio alla fine. Il timore è in una legge elettorale che rischia di creare delle condizioni schizofreniche all’interno del consiglio comunale, come eleggere un sindaco senza maggioranza. Dunque, possono essere soltanto i cittadini a dare coerenza al voto altrimenti si rischia di paralizzare le istituzioni e l’intera città». 

Marta Silvestre

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