Fisioterapia assistita? ‘Sorridi’ e paga!

La fisioterapia in caso di invalidità secondaria a malattie o a vecchiaia in alcuni casi non è un diritto gratuito, ma una possibilità che si concede solo chi ha i soldi per pagare un fisioterapista. Non so cosa succede nella altre regioni italiane. Ma so, sulla mia pelle, che in Sicilia è così.

Mia madre ha una diagnosi di Alzheimer da circa 5 anni e, a causa di un esordio rapido, aveva dovuto assume un farmaco che, pur a piccole dosi, le aveva provocato una immobilità muscolare di tipo extrapiramidale grave, che si è risolta lentamente con la sospensione del farmaco.

Per questo motivo aveva avuto bisogno di un trattamento fisioterapico che le ridonasse una buona postura e mobilità del collo. Mi sono informata con il distretto di appartenenza nell’ambito dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp) per un’assistenza domiciliare. Nulla da fare. Per quanto con diagnosi accertata, non era in possesso del verbale di invalidità e di portatrice di handicap (per intenderci, articolo 3 comma 3 della legge 104/92) e, cosa più importante, non aveva bisogno di fisioterapista, per una riabilitazione post ricovero (esempio: ricovero per ictus, fratture multiple severe in incidente stradale etc), quindi la legge non contemplava la possibilità di dare assistenza fisioterapica a mia madre.

Morale: per assicurarle l’assistenza di cui aveva – e ha – bisogno ho dovuto pagare. Così ho fatto. Quindi insieme ad altre spese ho dovuto affronatre anche questa. Grazie a Dio ne avevo la possibilità (anche se con dei sacrifici).

In qualsiasi caso, mi avevano detto, i tempi per la fisioterapia con assistenza Asp sono biblici: circa 1 anno per la visita del neurologo che stabilisce la necessità della terapia (sulla scorta di una visita e delle documentazione del paziente) e circa un altro anno e mezzo per avere assegnato il fisioterapista). “Sa com’è, le richieste sono tante…”, mi hanno detto. (Ho pensato che sembravano tante in considerazione del fatto che i parametri fossero così restrittivi).

Dopo circa 4 anni mia mamma ha avuto bisogno di un ricovero e, quindi, per la riabilitazione, si è potuta avvaire la prima di quelle due fasi, cioè un programma A.D.I (Assistenza Domiciliare Integrata). Questa per la riabilitazione motoria prevede soltanto 3 mesi di assistenza fisioterapica domiciliare (una sorta di goccia nel deserto, considerata la lentezza con cui un paziente allettato si rimette in piedi in alcuni casi: è questo era il caso di mia madre). Dopo i tre mesi avrei dovuto contattare la Asp per avvaire il programma di fisioterapia domiciliare (quello di cui sopra). Successivamente si è reso necessario un altro ricovero, ma in questo caso a mia madre non spettava altra assistenza fisioterapica domiciliare.

Come si può facilmente intendere ho ripreso a pagare di tasca mia le sedute. Questa volta però ho potuto presentare la documentazione per avviare l’assistenza fiosioterapica. Ho presentato tutto nel febbraio-marzo del 2011 e ho saputo che i tempi per la visitasi erano accorciati: solo sei-otto mesi. A fine anno è venuto il neurologo che, dopo avere visitato mia madre, mi ha comunicato che sarebbe partita la seconda fase: coda per l’assegnazione dle fisioterapista. In questo caso i tempi erano uguali: circa 1 anno e mezzo circa.

In conclusione: invece di ridurre mia madre in uno stato di atrofia muscolare completa in attesa di un presidio, in questo caso necessario, ho preferito riprendere a pagare per le sedute private. E se non me lo fossi potuta permettere?

Lettera firmata

 

Redazione

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