«La città non può tacere di fronte alla violenza che Catania vive giornalmente, dalle piccole aggressioni quotidiane, alla grave uccisione del ragazzo tunisino della settimana scorsa. Ucciso a sassate come ai tempi di Gesù cristo, incredibile. Di fronte a tutto questo dobbiamo fermarci a riflettere». Con queste parole Piero Giglio del movimento Giovani per la pace parla della escalation di violenza che sembra esserci negli ultimi tempi a Catania. Il riferimento è in particolare alla violenta morte del ragazzo tunisino aggredito alla testa da una pietra, Saber Batnini, di cui si è capita meglio la vicenda e finanche il nome, solo giorni dopo, quando i carabinieri hanno fermato il marocchino di 25 anni, Nabil Ljghel, con laccusa di omicidio. Ma non solo. «Pensiamo a Laura Salafia, colpita alla testa da un proiettile o alla violenza degli automobilitsti, ad esempio», afferma Giglio. Così i ragazzi del movimento che fa parte della Comunità di SantEgidio cittadina hanno deciso di dedicare un momento particolare alla scomparsa di Saber Batnini.
Non lo conoscevano. Era tunisino forse di fede musulmana, ma questo non è per loro un discrimine, anche se cristiani. Hanno deciso quindi di dedicargli un momento di preghiera e il solito giro del venerdì sera in cui distribuiscono coperte e cibo ai bisognosi. «A quanto pare, anche Saber era uno di questi, viveva di espedienti come colui che è accusato di essere il suo assassino e quindi a lui dedichiamo questa serata. Il giro dunque si conclude proprio in via Pistone dove è stato ucciso e lì posizioneremo dei fiori», dice ancora Piero Giglio.
«Un fatto che ci ha sconvolti tutti per le modalità brute e che ha sconvolto anche i nostri bambini della Scuola della pace di San Berillo. Vogliamo mandare un segnale anche a loro», afferma Alessio Cerreti, anche lui membro del Movimento della pace.
Una comunità che vuole essere aperta a tutti e che non vuole rimanere indifferente di fronte a tali segnali di violenza in città. «È difficile vivere a Catania, non si parla solo di violenza fisica, che comunque non manca, ma anche di quella verbale e psicologica», aggiunge Giglio.
«Frequento da poco questi ragazzi e mi hanno saputo trasmettere subito un grande senso di accoglienza e fratellanza. Il cristianesimo si fa con i fatti non soltanto con le parole», dice Silvia Costarella, che abita di fronte alla chiesa di Santa Chiara, sede della comunità. E dello stesso senso di piacevolezza nello stare insieme parlano anche il catanese Francesco Lo Presti «un amico dellassistenza ai bisognosi del giovedì nella zona della stazione», dice Daniela, un altro dei membri del movimento, e legiziano Aziz Makram. Di fede cristiana ortodossa, è arrivato in Italia dopo i conflitti dellestate scorsa nel suo paese. Residente al cara di Mineo, dopo aver conosciuto la Comunità di SantEgidio catanese, ha deciso di dedicarsi ai bisognosi della città insieme a loro. «Mi sento come in famiglia qui», afferma.
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