Finisce in procura il caso della morte di Mohammed «Chiesta l’autopsia. Il suo era un finale già scritto»

La sua storia si è conclusa nel modo più tragicoMohammed, 82enne senza fissa dimora originario del Marocco, è morto il 28 aprile. La strada, da almeno un decennio, era diventa la sua casa. Una volta era un «commerçant», come impresso in un documento d’identità ormai datato. Capitava di vederlo, con una lunga barba bianca e le gambe devastate dalla malattia che gli rendevano difficile ogni movimento, tra Catania e Aci Castello. Da inizio febbraio aveva deciso di trasferirsi all’interno dell’ospedale Cannizzaro, nel parcheggio dell’unità Spinale nei pressi della pista d’atterraggio dell’elisoccorso. Ed è proprio all’interno del nosocomio che è morto dopo alcune ore trascorse al Pronto soccorso

Ricomporre i pezzi della sua vicenda non è semplice e a occuparsene adesso sarà probabilmente la procura di Catania. Negli uffici di piazza Giovanni Verga è stato presentato un esposto. «Anche perché la sua era una morte annunciata», spiega a MeridioNews Giuseppe Messina, responsabile dell’associazione Insieme onlus e volto storico di chi ha deciso di dedicare la proprio vita ad aiutare chi ha bisogno. Conosceva Mohammed come pochi, riuscendo a superare la sua grande diffidenza verso il prossimo. Al Cannizzaro alcuni, tra medici, infermieri e ausiliari, un po’ erano riusciti ad aiutarlo, come raccontato dal sito Vita, con pasti caldi e qualche coperta per trascorrere la notte.

«Abbiamo chiesto alla procura che la salma venga sottoposta ad autopsia – spiega a MeridioNews l’avvocato Guglielmo Barletta – Sia perché vengano accertate le cause della morte, quindi eventuali responsabilità, ma anche perché si valutino eventuali omissioni nelle cure di questo signore, soprattutto nelle settimane e nei mesi precedenti al suo decesso». Il clochard, stando alle informazioni reperite dal nostro giornale, sarebbe arrivato al Canizzarro intorno al 6 febbraio. Da quel momento Messina e i Servizi sociali attivi all’interno del nosocomio hanno cominciato a inviare diverse email al servizio Inclusione sociale del Comune di Catania. «Qualcuno doveva occuparsi di questa persona – prosegue Messina – ma per troppi giorni, nonostante i solleciti urgenti, non ha risposto nessuno».

Gli unici interventi sono stati quelli della cooperativa Mosaico, che ha in gestione il servizio di prossimità su mandato di Palazzo degli elefanti, «ma che non aveva la facoltà di prendere Mohammed e trasportalo in un altro posto», aggiunge Messina. Un secondo passaggio riguarderebbe quello fatta da una psichiatra del Cannizzaro (il servizio è gestito dall’Azienda sanitaria provinciale). «Mi hanno detto che ha fatto un accertamento a distanza – racconta Messina – ma non ho idea di come possa esserci riuscita. Mohammed parlava poco e l’italiano non era il suo forte; è stato definito addirittura soggetto non vulnerabile». In realtà a Mohammed sarebbe servito un trattamento sanitario obbligatorio. Unica ancora a cui aggrapparsi quando una persona si rifiuta di ricevere assistenza.

Il clochard sarebbe dovuto finire in Psichiatria, dopo una disposizione del Comune risalente proprio a fine aprile. «Dal reparto però mi hanno detto che doveva essere lavato – sostiene Messina – Lo abbiamo fatto nella sala mortuaria insieme ad alcuni infermieri. Gli è stata tagliata la barba, all’aperto, e poi, finalmente, abbiamo provato a portarlo in reparto, ma ci hanno detto che doveva passare prima dal Pronto soccorso». Con ogni probabilità per essere sottoposto pure a tampone. «In Pronto soccorso è arrivato solo alle 14, poi alle 20.35 è morto. Mohammed mi prendeva la mano, mi accarezzava. Non sappiamo cos’è successo, c’è un buio totale».

(Foto di copertina di Davide Casella – Gerta Human Reports. Si ringrazia Graziella Proto – Le Siciliane/Casablanca)

Dario De Luca

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