I catanesi coinvolti, in totale, sono
venti. Delle 39 persone denunciate dalla questura di Catania per via degli scontri al termine del corteo di protesta contro la festa de l’Unità del Partito democratico, undici sarebbero militanti dell’ex collettivo Aleph, quattro farebbero riferimento al gruppo giovanile Liberi pensieri studenteschi, e cinque – infine – vengono definiti «ultras del Catania Calcio». Sono i numeri diffusi con una nota stampa che ha già suscitato più di una reazione: soprattutto dai militanti, che sottolineano una coincidenza di tempi ritenuta sospetta. «Il fatto che le denunce siano state notificate tra l’8 e il 10 maggio era un chiaro segnale – dichiarano a MeridioNews dal comitato Cacciamo Renzi, che organizzava la manifestazione – Voleva essere un modo per scoraggiarci dal partecipare al corteo contro il G7 che si sarebbe tenuto di lì a poco a Giardini Naxos. La nostra risposta è stata una soltanto: ci siamo andati ugualmente».
Quell’11 settembre 2016, il corteo pacifico viene fermato all’incrocio tra via Umberto e via Etnea. Prima dell’ingresso della villa Bellini, dove si sta svolgendo la giornata conclusiva della convention democratica nel capoluogo etneo. Sul palco sta parlando l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, mentre fuori la polizia aspetta i manifestanti con un doppio cordone in assetto antisommossa. Alla testa del serpentone si trovano i ragazzi dei centri sociali, tra cui diversi arrivati in pullman da Palermo. Vicino all’angolo con Savia, la situazione comincia a farsi tesa: alcuni ragazzi indossano i caschi, altri i passamontagna, mentre i poliziotti sono già pronti alla carica. Secondo la questura, «uno striscione di circa sei metri, rinforzato internamente con una struttura di plastica rigida e rete metallica» viene usato come riparo per sfondare il cordone della polizia.
Le forze dell’ordine parlano di «
50 facinorosi», ma seguono alcuni istanti piuttosto violenti: lancio di bottiglie e bombe carta da un lato, manganellate dall’altro. Le denunce, oltre ai catanesi, riguardano 13 esponenti dei centri sociali ExKarcere e Anomalia di Palermo, due militanti del centro sociale Rialzodi Cosenza, due dell’Insurgencia di Napoli, uno del Collettivo universitario autonomo di Bologna e uno del collettivo Marzolo occupata di Padova. «La manifestazione è stata un momento condiviso a livello regionale e meridionale – continuano gli attivisti etnei del comitato Cacciamo Renzi – La presenza di militanti da altre parti d’Italia è da leggersi all’interno di un ampio percorso contro le politiche di Governo e contro la scelta di approfittare del Meridione solo per le passerelle politiche. Lo abbiamo visto con la festa de l’Unità e, di nuovo, col G7 di Taormina». Posizione condivisa dai militanti di Palermo.
Quanto avvenuto a margine del corteo, per i portavoce degli attivisti, «non ha riguardato solo 39 persone: i denunciati sono i capri espiatori. Quel giorno c’erano mille cittadini e cittadine che manifestavano un dissenso profondo». Il riferimento agli ultras, poi, non coinciderebbe con la realtà: «
Chi è ultras? Chi va la domenica allo stadio per tifare Calcio Catania? Non ci sono contatti con le tifoserie organizzate. Ci sono stati singoli individui che hanno scelto di esserci e che forse la questura ha denunciato perché avevano dei volti già noti, ma da qua a parlare di stabile contributo degli ultrà ne passa. Non ci sarebbe niente di male, ma non è così che è andata». Nei confronti della quasi totalità degli indagati sono contestati i reati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata e lesioni aggravate. «Ribadiamo: è solo un modo per spegnere il dissenso. L’intera manifestazione ha scelto di violare i limiti della zona rossa».
Oltre alla denuncia, poi, sono stati emessi undici avvisi orali nei confronti di quelli che la questura definisce «i
principali leader dei sodalizi antagonisti etnei»: ancora una volta il riferimento va all’ex Aleph, a Lps e a «due supporter appartenenti alle frange più oltranziste del contesto ultras del Catania Calcio». Nella stessa nota si fa riferimento anche a divieti di ritorno a Catania per la durata di un anno nei confronti dei cittadini provenienti da altre città (tra le quali Palermo). «Questo genere di provvedimento normalmente viene emesso nei confronti dei delinquenti – dicono ancora gli attivisti – Farlo nei nostri confronti è sproporzionato e intimidatorio. In piazza c’erano sindacati, movimenti, partiti. C’erano cittadini e cittadine a cui non era andato giù che per entrare alla villa Bellini venisse chiesto il documento perfino agli anziani».
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