Festa dell’unità, Partito democratico etneo fa quadrato Richieste di dimissioni a Pogliese e Bianco si difende

Dopo la vittoria alle Regionali in Campania e in Puglia, il Partito democratico a Catania riparte da Bella Ciao. Lo slogan impresso rosso su bianco nello striscione di presentazione della Festa dell’unità è il segnale di una ripartenza all’insegna dei valori cardine di quella sinistra popolare che nel recente passato aveva lasciato il passo alla politica imprenditoriale di Matteo Renzi, adesso capo politico di Italia Viva. Un ritorno alle origini, sì, ma diverso. Complice il rispetto delle normative anti-Covid, l’evento è stato organizzato ispirandosi alla tradizione, ma senza gazebo e pentoloni. Il risultato, però, non ha comunque deluso sostenitori e partner politici. «Forse – sostiene uno dei circa cento partecipanti alla giornata di ieri – è ancora ridotta la partecipazione e mancano un po’ di anime rosse». Nostalgia a parte, la festa è stata l’occasione per capire in che direzione dovrà remare il Pd etneo. Circa un centinaio di persone hanno partecipato all’evento organizzato nella sala congressi del centro culturale Sal di via Indaco dove la Festa dell’unità sembra essere tornata di moda, al punto da sentire l’esigenza di invertire la rotta rispetto al recente passato del partito. D’altronde quando la destra cresce, la sinistra si riorganizza.

La due giorni ha visto protagonisti i componenti del direttivo provinciale del Pd e dei sindacati Cgil e Cisl. Ma non solo. A completare il parterre anche personaggi delle istituzioni, interlocutori e partner politici: dall’assessore alla Salute Pippo Arcidiacono al presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione; dal presidente di Confcommercio Catania Pietro Agen al presidente di Confindustria Antonello Biriaco; dal consigliere comunale del Movimento 5 stelle Angelo Nasca al deputato Santi Cappelani, ex cinquestelle e adesso espressione alla Camera del Partito democratico, passando da Francesco Attaguile, coordinatore del Mezzogiorno del Centro democratico di Bruno Tabacci. Tanti i temi trattati: dall’istruzione alla sanità ai tempi del Covid, passando da infrastrutture e fondi europei, per arrivare alla questione Catania che vede volti noti e meno noti della politica etnea alla sbarra. Dal sindaco Salvo Pogliese – ora sospeso in virtù della legge Severino, a seguito della condanna per peculato riportata in primo grado nel procedimento per le spese pazze all’Ars -, all’ex primo cittadino Enzo Bianco, condannato dalla Corte dei Conti, insieme alla sua giunta, per non aver dichiarato il dissesto del Comune.

Tra chi ha preso la parola, ieri, c’è stato proprio Bianco che, sulla possibile alleanza con i cinquestelle in Sicilia, ha detot: «L’alternativa è consegnare il Paese a Meloni e Salvini. Berlusconi in confronto a questi signori è uno statista europeo». In merito al dissesto, poi, è lo stesso consigliere comunale di opposizione a tirare in ballo l’argomento. «Sto attraversando un periodo delicato – ammette Bianco all’inizio del suo intervento – perché sono accusato non di danno erariale, ma di non aver dichiarato il dissesto. Io ho provato a non dichiarare il dissesto perché non lo ritenevo utile per i cittadini catanesi, ma l’ho fatto con strumenti legittimi – prosegue -. Ho già annunciato opposizione al decreto e proverò a dimostrare la mia buona fede ai giudici, nei confronti dei quali nutro la massima fiducia».

L’evento è servito per ricostruire il dialogo all’interno di un partito che proprio del dialogo e dei principi della sinistra popolare sente la mancanza. Il riferimento è alle lotte per il sociale, alle manifestazioni di piazza, agli interessi della classe operaia che, da molti anni, sembrano non essere più prerogativa del centrosinistra. «Se l’anno scorso qualcuno all’interno del partito avesse pensato di organizzare la Festa dell’unità – ironizza Jacopo Torrisi, componente della segreteria provinciale -, probabilmente lo avrebbero ricoverato». Si è parlato dei rider, i corrieri addetti alla consegna di cibo e bevande a domicilio, e degli operatori dei call center. È Giacomo Rota, il segretario provinciale del sindacato Cgil, a porre l’accento su questi temi. L’unico, peraltro, a rivolgersi al pubblico con la parola compagni. «Se prima si lottava per avere più diritti – spiega Rota – adesso, invece, la priorità è trovare un lavoro povero». E tutto ciò, attacca il sindacalista, «non è stato contrastato dal legislatore nazionale che, con leggi come il Jobs Act, ha peggiorato le condizioni lavorative degli italiani». Insomma, per Rota, «la sinistra renziana ha prodotto leggi liberticide»

A fargli da eco il segretario provinciale Cisl Maurizio Attanasio. «Non solo non c’è lavoro, ma noi sindacati non veniamo neanche più ascoltati». Per questo, secondo Attanasio, «oggi viviamo un lockdown della democrazia». Dal nazionale al locale il passo è breve. «Questa amministrazione – attacca Attanasio – farebbe bene a pensare di non governare da sola, perché in passato abbiamo fatto in modo che in questa città non esplodesse una rivolta sociale e oggi continuiamo a non essere ascoltati». Una città, continuano sindacalisti e politici sul palco, «senza sindaco e affidata a un facente funzioni non eletto dal popolo». Il riferimento è al vicesindaco Roberto Bonaccorsi che, per il Pd, «non può continuare a gestire in modo ordinario situazioni che imporrebbero una gestione straordinaria». Agli attacchi degli ospiti replica il presidente dell’assise cittadino Giuseppe Castiglione. «Sarà mia cura – sostiene Castiglione rispondendo alle richieste dei sindacati – convocare un’altra riunione per discutere dei problemi della città». 

In merito, invece, alla condanna per peculato di Pogliese che – secondo gli ospiti presenti al dibattito – «dovrebbe dimettersi», il presidente del consiglio comunale risponde: «Ci sono due alternative: o si dimette lui oppure deve essere il Consiglio a sfiduciarlo». Intanto, però, Pogliese ha annunciato la volontà di ricandidarsi alle elezioni del 2023.

Gabriele Patti

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