Ferrandelli, un eretico con la tessera del Pd «Il partito è morto, traditi tutti gli impegni elettorali»

Un eretico con la tessera del Pd, uno che vuole andare oltre la politica di oggi e che ha messo sul piatto due anni di legislatura da deputato regionale, «un posto al sole», senza però con questo infilarsi nell’ombra. Fabrizio Ferrandelli si è dimesso dall’Ars, senza ripensamenti, lo ha detto e lo ha fatto, il 20 luglio di quest’anno, creando un precedente importante nella statica dimensione normalizzata della vita parlamentare siciliana. 

Per molti un colpo di teatro, una scommessa sul futuro, per lui un percorso che non poteva prescindere da questo passaggio: «Da tempo, molto prima del caso Tutino, dicevo che non si poteva più andare avanti, chiedevo di fare un bilancio, proviamo – dicevo – a resettare per capire se le condizioni c’erano per proseguire. Ho visto tradire tutti gli impegni elettorali e di programma, a partire dalle trivelle». Sulla parola «tradimento» Ferrandelli non fa sconti, non lo addebita né ad indolenza né ad incapacità. «È una scelta cosciente del governo e di chi lo porta avanti. Ogni azione politica presuppone una scelta, se pensassi che Crocetta non sia capace di intendere e di volere, chiederei l’interdizione, ma le sue sono scelte comprese, volute e condivise. Quando stavo preparando la mozione di sfiducia si sono dimessi, in successione, Leotta, Caleca e poi Lucia Borsellino. I coraggiosi nascono per offrire alla Sicilia un modello di gente non attaccato alla poltrona, per offrire uno spazio politico e culturale di agibilità, con uno schema diverso anche se non è quello dei Cinque stelle». 

La costruzione dell’alternativa con una rete a carattere regionale sui territori, il tentativo di scardinare l’antipolitica, o come dicono i più cattivi, di infiltrarsi per cavalcare l’onda. Su questo Ferrandelli non mistifica ed è abbastanza diretto: «Non c’è un Comune al di sopra dei 15mila abitanti dove non ci sia un nostro comitato. Governare una città come Agrigento oggi, o Trapani e Palermo, senza un sistema di spesa pubblica virtuosa, di finalizzazione di risorse comunitarie, diventa un atto velleitario. Girando per la Sicilia ho trovato troppa gente con lo sguardo spento e senza speranza. I coraggiosi si candidano a governare la Sicilia superando questa classe dirigente, il primo presidente di sinistra in Sicilia fu Angelo Capodicasa nel 1998, sono passati vent’anni». 

Comprende Ferrandelli che una chiarezza di fondo sui rapporti con il Pd, in maniera concettuale e concreta va fatta e prova a definire gli ambiti senza sovrapposizioni e confusioni: «Mantengo la mia tessera senza riconoscermi all’interno della dirigenza di questo Partito Democratico. Parlo a quella parte di Pd che non si identifica con Cracolici, con Cardinale, con Lupo, con Lumia, con Crocetta, con Raciti e con tutti quelli che hanno delle responsabilità politiche». Sulla stagione delle primarie e sul meccanismo inceppato che oggi i Dem vorrebbero mettere in soffitta, Ferrandelli si esprime duramente. La ferita del 2012, quando per al corsa a sindaco a Palermo Leoluca Orlando non partecipò alle primarie di coalizione è ancora aperta: «In un momento di grande confusione come questo, il problema non sono le regole scritte o orali, oggi è il giorno delle grandi azioni di sintesi politica, le primarie non sono il problema del Pd, il partito così com’è è morto, io non sono più intenzionato a prendere parte a questi giochi e a dedicare il mio tempo a schemi superati. Il nostro movimento vuole dare risposte alla gente, non è un caso se i movimenti prendono quota e i partiti sono ai minimi termini. Non voglio fare prevalere l’appartenenza all’identità. La gente vuole usare la clava per cambiare le cose, noi siamo l’alternativa strutturata al Movimento di Grillo, noi pensiamo di potere essere il buon governo della Sicilia. Tra noi e i Cinque stelle vedrete riusciremo ad alzare l’asticella anche della questione morale in Sicilia». 

L’alleanza con Nello Musumeci non è alle porte, neanche dopo l’incontro con Pietrangelo Buttafuoco e Claudio Fava alla libreria Mondadori di qualche settimana fa, ma non è neanche esclusa: «Oggi poniamo un problema di metodi, non di persone». La carovana dunque è partita e il viaggio comune tra realtà opposte potrebbe essere la grande novità dei prossimi mesi.

Giuseppe Bianca

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